La casa è malandata, è abbandonata, ma non distrutta. E se ti sei fermato a guardarmi vuol dire che hai speranza in qualcosa anche tu…

Non è andata sempre così: la mia compagna non ha resistito al peso dell’acqua e dell’incuria, io invece mi fregio ancora di qualche sguardo di un viandante attento come te. Per raccontargli la mia storia. Anche il mio colore, marrone, una volta era diverso; tortora, come avrai potuto notare dalle crepe di una vernice ormai obsoleta. Crepe che custodisco gelosamente perché un tempo erano spolverate dalla mia padroncina.

Quante volte ha posato le sue delicate mani mentre vedeva suo papà andare al lavoro o spiava le sue amiche per vedere come erano vestite cosa dicevano, come si comportavano. Sicura che da questa finestra che custodisco ancor oggi non sarebbero state viste, non essendo la sua stanzetta. Sapessi quante volte ha posato le sue delicate mani per vedere allontanarsi quel’amico di suo fratello che poi è diventato il suo uomo.

Era un’insicura da piccola la mia padroncina, e io custodivo gelosamente i suoi segreti. Così come quelli di suo fratello: quante volte l’ho odiato perché, nello spalancarmi, mi batteva violentemente contro la parete. Un tipo che giocava a fare il duro, lui, ma un bravo ragazzo in fondo. Ero il suo bersaglio preferito quando litigava con la sua ragazza ed in qualche modo doveva sfogarsi, magari con qualche pugno. O guardare se qualcuno si azzardava solo ad appoggiarsi sulla sua auto.

Coprivo un salotto, ed era un luogo privilegiato visto che spesso i membri della famiglia vi si rifugiavano per trovare un po’ di conforto, di solitudine. Altre ne sono passate di qui, ma l’ultima sembrava tenerci particolarmente alla casa. Le mani che più non sopportavo erano quelle intirizzite dal freddo durante le feste. Tutti belli, contenti, ma mai una volta si siano degnati di ringraziarmi di quel tepore che ero io a permettere, come se fosse scontato.

L’inizio del declino sa ancora del sale delle lacrime che ha versato la mia padrona dopo il tradimento e l’abbandono di suo marito. Non era mai in casa e lo ricordo poco. Ma da quell’uomo cupo che era forse è meglio così. L’ultima tintura di marrone mi piaceva perché ricordavano i suoi capelli, non sapevo che sarebbe stata l’ultima della serie.

Una volta morta la padrona di casa fratello e sorella, irriconoscibili da quello che io ricordo (come si cambia per l’eredità!) non sono più andati d’accordo e la casa è rimasta sola, abbandonata. Ed ecco le intemperie, la polvere, il vento. Mia sorella ha preferito cadere giù, nella terra, per marcire prima, dice. Ci salutiamo ogni giorno e mi domanda quando la raggiungo.

Io invece oggi sono felice perché qualcuno ha voluto ascoltare la mia storia. Perché le persiane si sa, sono anonime. Sopportiamo il caldo ed il freddo, ma se stiamo bene nessuno se lo domanda.

Restano solo i buchi, i buchi degli infissi, come quelli che ha lasciato mia sorella, i buchi della speranza. La casa è malandata, è abbandonata, ma non distrutta. E se ti sei fermato a guardarmi vuol dire che hai speranza in qualcosa anche tu. Da parte mia potrò ammansire il prossimo turista attento finché non avrò bisogno di ritrovare la mia compagna più vicina a me. In fondo non ci viene chiesto che questo mio giovane amico: prendere fiato nell’attesa del prossimo traguardo.


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