
Vince ancora il Brasile
L’alternanza tra Europa e Sudamerica viene ripristinata al Congresso FIFA del 1956 che assegna al Cile l’organizzazione della settima Coppa del Mondo Jules Rimet. Corruzione, carenze di infrastrutture e un terribile terremoto, mettono a serio rischio lo svolgimento del torneo. Il Mondiale è visto come una grande occasione per rianimare l’economia del Paese, ma la spesa influisce negativamente sul già pesante debito pubblico. A rendere complicate le cose, ci si mette la scomparsa dell’organizzatore della kermesse, Carlos Dittborn, morto d’infarto poco prima dell’inaugurazione. Ciononostante il 30 maggio 1962 si comincia, con la caccia al Brasile campione che parte con i favori dei pronostici. D’altronde, l’undici verdeoro é per nove undicesimi identico a quello vittorioso in Svezia; otto, se si aggiunge l’inserimento in corsa di Amarildo al posto di sua maestà Pelé, fuori per uno stiramento all’inguine, che lascia comunque il segno, marcando il tabellino contro il Messico. Si dice che il padre dell’attaccante, futuro calciatore di Milan, Fiorentina e Roma, avesse praticato ai danni di Pelé una macumba per far giocare suo figlio. Leggenda, forse, fatto sta che Amarildo avrà un impatto importante sull’esito della finalissima contro i cecoslovacchi.
Si gioca in sole quattro località: Santiago del Cile, Viña del Mar, Arica e Rancagua. L’Italia questa volta si qualifica grazie al risultato complessivo di 10 a 2 contro Israele. In Israele, dopo il doppio vantaggio dei padroni di casa, l’Italia dilaga, vincendo per 4 a 2. Il ritorno diventa una formalità, nella quale spicca la prestazione di Omar Sivori, autore di un poker. Andiamo in Cile, con l’auspicio di essere tra i primi quattro. Si qualificano alla fase finale, oltre al Brasile detentore e al Cile paese ospitante, l’Argentina, la Colombia, all’esordio, Spagna, Messico, Jugoslavia, Uruguay, Ungheria, Germania, Inghilterra, Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Svizzera e Bulgaria, anch’essa all’esordio.
Nel gruppo A sorprende l’eliminazione dell’Uruguay, finito terzo, dietro alle finaliste dell’Europeo del 1960, i campioni dell’Unione Sovietica di Jašin e vicecampioni della Jugoslavia. Il Gruppo B è il nostro girone. Dopo l’esordio contro la Germania Ovest, terminato 0 a 0, gli Azzurri perdono la partita, e i nervi, contro i padroni di casa, che ad oltranza provocano, calciano e colpiscono con i pugni i nostri calciatori, in una corrida che passerà alla storia come la Battaglia di Santiago. Le espulsioni di Ferrini e David ci costringono a dover giocare per oltre un tempo in nove. Ramirez al 73′ e Toro all’87, proprio per restare in tema, decretano un’eliminazione annunciata, già prima della spedizione. Resta incomprensibile la scelta di affidare la conduzione tecnica della Nazionale a due CT, Paolo Mazza e Giovanni Ferrari. La strana coppia è in balia di giornalisti e dei clan degli oriundi che trasformano lo spogliatoio azzurro in una polveriera. Inutile il 3 a 0, firmato Mora e doppio Bulgarelli, contro gli elvetici. La penitenza durerà ancora.
Nel gruppo C, Brasile e Cecoslovacchia fanno le prove generali per la finale, 0 a 0, e passano il turno, eliminando il Messico e la Spagna del mago Herrera.
Nel gruppo D una buona Ungheria e l’Inghilterra del miracolato Bobby Charlton proseguono il loro cammino.
Ai quarti di finale il Cile fa fuori i primi campioni d’Europa e del futuro pallone d’Oro Lev Jašin, per 2 a 1. Niente sogni di gloria per l’Unione Sovietica di Ivanov e compagni. Brasile e Inghilterra si affrontano nel match clou dei quarti. Garrincha apre al 30′. Pareggio di Hitchens per la nazionale dei Tre Leoni. Vavà al 53′ e ancora l’uccellino Garrincha al 59′ spediscono la Seleçao in semifinale. Bye bye, England. La Cecoslovacchia piega l’Ungheria con un gol Scherer. Infine, nell’infinita sfida tra Jugoslavia e Germania Ovest, al terzo tentativo i Plavi riescono a battere i tedeschi con un gol Radaković, giocatore del Rijeka, scomparso prematuramente a 29 anni per un infarto.
Le semifinali mettono di fronte Brasile contro Cile, Cecoslovacchia contro Jugoslavia. Il Brasile mantiene il favore del pronostico battendo 4 a 2 i padroni di casa. Vavà e Garrincha, giocatori di un livello superiore, firmano entrambi una doppietta, mentre per il Cile segnano Toro e Sanchez, su rigore. Terza finale in dodici anni per i verdeoro.

La Cecoslovacchia ha la meglio sulla Jugoslavia per 3 a 1 e dopo ventotto anni torna in finale. Succede tutto nella ripresa: Kadraba porta avanti i cecoslovacchi. Jerković pareggia al 67′. Lo scatenato Scherer firma poi la doppietta decisiva negli ultimi dieci minuti.
Il 17 giugno all’ora della siesta, Brasile e Cecoslovacchia si giocano il titolo mondiale. Brasile ovviamente favorito, ma i rossi di Praga sono cresciuti alla distanza durante il torneo. E partono molto bene in finale: Masopust, figlio di un minatore e calciatore del Dukla, che grazie al calcio riscatta una vita altrimenti già decisa, segna l’1 a 0 per i suoi. Nemmeno il tempo di festeggiare che il figlio del macumbero, Amarildo, mette in chiaro le cose, pareggiando tre minuti dopo. Nella ripresa il Brasile preme e Schrojf diviene, suo malgrado, il protagonista in negativo con due papere che danno la possibilità a Zito e Vavà di riconfermare il Brasile campione del mondo, nonostante l’assenza pesante del suo giocatore migliore, Pelé. Una vittoria annunciata, che porta il Brasile a eguagliare il primato di Uruguay e Italia, vincitrici di due Coppe Rimet. E già in Inghilterra potrebbe mettere per sempre la Rimet in bacheca.
CAPOCANNONIERE: Albert (Ungheria), Ivanov (URSS), Garrincha e Vavà (Brasile).
CLASSIFICA FINALE :
- Brasile
- Cecoslovacchia
- Cile
- Jugoslavia
FINALE TERZO E QUARTO POSTO :
Cile – Jugoslavia 1 – 0