Sono gli arsenali i veri protagonisti della guerra in Ucraina

Rimane sospesa tra il dire e il fare, la voglia di agire. Quella per risolvere la “questione”, tanto che, il rimando ad altro momento più opportuno, ci ha fatto arrivare l’acqua in casa, lasciando i terreni aridi, da dissodare…

Certo non è che uno si mette a pagare una bolletta priva d’importo al solo scopo di essere preciso coi pagamenti; oppure pagarne una con importo azzardato, impazzito, senza averne l’obbligo di pagarla. Sarebbe oltremodo demenziale: prendere iniziative per essere coerente con gli altri e stare allo stupido detto, “La maggioranza decide”. In questi casi può succedere di fare buchi nell’acqua, dove non servono attrezzi, ma sono le chiacchiere a farli.

Il gran frastuono vociante che si è fatto e che si sta facendo e che, di gran lunga, attutisce quello dei micidiali ordigni, sulla gente e sui manufatti, pare abbia fatto un leggero passo avanti, ma si continua ad oltranza a blaterare, e non solo…

Gli assillanti, improvvisati, falsi concili sul “Questo si deve fare!” non sono altro che littorine fuori binari, spinte da miserevoli logiche umane. Suscitano solo compassione in chi, la commiserazione se l’aspetta…

Non si può chiamare, con altro nome, una carneficina umana e lasciarla proseguire a suon di rimandi. Oppure curare gli irreparabilmente mutilati dagli ordigni con semplici cerotti…

Visto la pustola raggiunta, ahimè, ci vorrebbe un esercito clonato: modello Gino Strada, per curarne, se non tutte, almeno parte delle conseguenze.

La guerra è la personificazione della cupidigia umana. Essa accomuna tutte le “canagliate” possibili e le trasforma in verità prettamente esclusive e cinicamente personali.

Per sottrarre il miele alle api si spruzzano le arnie con del fumo. Lo fanno anche con noi con le “mezze” verità, sia da una parte sia dall’altra. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Ecco appunto ‘sta gragnola di bombe, dopo aver sprecato l’ulteriore, saggia intesa.

I vecchi ambulanti-ciarlatani, quando arrivavano in paese e, prima di mettere in mostra i loro prodotti (lamette da barba, lucido per scarpe…) come richiamo per gli allocchi ti improvvisavano un gioco di prestigio … il più delle volte funzionava, altre no.

Per fare in modo che il trucco riuscisse, spesso facevano uso della “spalla” (un compare). Oggi sono molti i Dottor Dulcamara che vendono i nuovi elisir…

“Udite, udite o rustici, sono elisir di guerra: sono armi letali!”

Dove il bergamasco Donizetti ha passato mano e strumenti al duo, Putin-Biden e ai tanti “compari” d’orchestra, si è pure formato il “coro” di voci inaffidabili, discoste da ogni punto armonioso, razionale. Mentre la romanza “Una furtiva lagrima” è diventata: “Uno straziante pianto di disperazione”.

In questo dissidio russo-ucraino, coi tanti, innumerevoli “compari consenzienti”, specializzati “illusionisti”, fan sì che gli arsenali, sempre pieni di morte, siano i veri attori a montare la scena. Essi si rinnovano per magia. I rustici infingardi siamo noi, rimasti indifferenti alla catastrofe annunciata, mentre, non siamo in pochi, ad attivarci come Nerone di turno.

Se l’Opera, contrariamente a quella di Donizetti, ci verrebbe troppo lunga e fastidiosa, potremmo ovviarne qualche parte….

Propendendo a togliere l’”intermezzo” e mettendo la parola “fine”, alla tragedia: sarebbe cosa assai sensata. Fare a meno del finale, vuoi per mancanza di “luce” (costrutto, verità), sia per rivisitato spartito (ritorno di senno) sarebbe un grande sollievo per gli “astanti”. Agli ostinati delle guerre, togliamo loro le armi e diamogli dei lecca-lecca. Prendiamo spunto dalla bambina ucraina, in quella foto che ha fatto il giro del mondo: con caramella appiattita in una mano e, a braccio, un’arma che, alla sua età, sembra “giocattolo”. Così facendo tornerebbero anche loro bambini e, i grandi dissidi: diverrebbero schiamazzi di corridoio, al suon di campanella…

Un bel giorno il mondo sarebbe più sereno, se tra gli scranni del potere non sedessero più i tanti menomati di cervello. Forse tanti mutilati di guerra, quelli sì, ma con la testa sul collo.

Che si faccia più affidamento alla speranza o all’utopia: sarà sempre il senno dell’uomo a farne realtà e differenza.