L’inchiesta è partita da un articolo pubblicato sul British Medical Journal, un atto di denuncia presentato dalla dott.ssa Claudia Marotta e dai suoi colleghi della Ong Medici con l’Africa Cuamm. L’obiettivo è interrompere lo sfruttamento dei migranti impiegati in agricoltura e sottopagati con salari che non vanno oltre i 12 euro per più di 8 ore lavorative.

L’Ong, in questo senso, fornisce dati imparziali, suffragati dalle statistiche delle Istituzioni locali, relativi alle quasi 100mila vittime di caporalato che occupano più di 70 baraccopoli, in tutta Italia, senza alcun tipo di protezione, in barba alla legge sull’Agromafia, ancora colpevolmente, in attesa di approvazione.

Secondo il BMJ, dal 2013 ad oggi, i braccianti morti sarebbero 1500. Numeri impietosi per chi, schiavo nei campi, consente di portare i pomodori italiani, a basso costo, sulle tavole di tutto il Mondo.

“Queste persone”, come ha spiegato la stessa Claudia Marotta,”vivono in baraccopoli senza acqua, senza servizi igienici senza accesso ai servizi sanitari di base. Salute, migrazione, economia, sviluppo sostenibile e giustizia sono tutti aspetti del nostro mondo tra loro interconnessi ed è un dovere per la comunità scientifica e clinica prendersi cura e dare voce a queste persone ‘mute’. Tutti dobbiamo batterci contro lo sfruttamento, la discriminazione, il razzismo e l’egoismo, in qualsiasi forma si presenti”

La vaxata quaestio, già affrontata in varie forme dal nostro giornale, non deve più passare inosservata ma necessita di un’attenzione parlamentare specifica. Troppo spesso, infatti, situazioni annose come questa sono state sottaciute, e se il caso della povera Paola Clemente, deceduta d’infarto mentre lavorava nelle campagne pugliesi, ha goduto di una giusta eco, trattamento diverso hanno ricevuto i ragazzi di colore assiepati, in condizioni disumane, sul camioncino uscito fuori strada nel foggiano.

Il lavoro nobilita l’uomo, disse il poeta, ma, spesso, purtroppo, lo rende simile alle bestie.