I miei genitori, i miei fratelli, il mio grande amore, la sua famiglia, parenti, amici, quelli di sempre, quelli nuovi, quelli di vecchia data, quelli del mare, quelli dello stadio, le mie socie: quelle del centro antiviolenza e quelle dello studio associato… vorrei abbracciarli tutti! Avrei tanto voluto fare una mega festa per metterli tutti insieme ma non ci sono mai riuscita, aspettavo il mio matrimonio

E la mia bacheca facebook? Tanti messaggi bellissimi, anche da parte di persone che non ho mai conosciuto. Che poi ci sono sempre quelli che dicono di essere tuoi amici anche se non hanno mai avuto un rapporto con te. Gli intrusi ci sono sempre, ovunque.

Hanno anche proclamato per la mia morte il lutto cittadino. Un importante riconoscimento il lutto cittadino. Prima o poi arriva. Poi, quando non serve più ormai. C’era sempre qualcosa di più importante che tutelare i diritti delle persone, delle donne soprattutto.

Come dire: meglio tardi che mai! In effetti, credo di meritarmelo. Infondo non so quanti lo avrebbero fatto al posto mio. Avevo investito i miei ultimi anni nella promozione dei diritti delle persone, delle donne soprattutto. Di quelle donne che hanno subìto violenze, di quelle che di solito si fa finta di non vedere… Avevo investito tutto! Tutto ciò che ero e ciò che avevo! Avevo fondato un centro antiviolenza quando nella mia città ancora di violenza non se ne parlava, da sola (con le mie socie), contro tutti. Tempo, fatica, soldi.

Un’esperienza importante per il territorio che ha permesso l’avvio di una riflessione dedicata al problema violenza di genere grazie a un’attività meticolosa di sensibilizzazione dell’amministrazione pubblica e dei servizi, tanto che oggi alcune cose funzionano molto bene. La collaborazione con altri centri antiviolenza a livello nazionale e regionale, il confronto positivo, lo scambio di prassi e metodologie, la condivisione delle criticità.

Chissà, se non lo avessi fatto, cosa sarebbe successo oggi nella mia città. Forse niente, il niente che c’era prima. Certo, l’ho fatto per crearmi un lavoro, per realizzarmi, visto che un giorno decisi di diventare psicologa, ma anche per dare il mio contributo alla società. Sapevo che non sarei diventava miliardaria con quel lavoro, ma avrei fatto un lavoro emozionante e soprattutto utile a me, a chi vive con me, a chi vive nella mia città, alle generazioni future, perché credevo fosse responsabilità di tutti investire in un mondo migliore, senza aspettare che le cose accadano da sé o che le faccia qualcun altro al posto proprio. Oggi però mi chiedo a cosa sia servito, a me intendo!

Me l’aveva detto un esperto all’epoca e aveva ragione: “Abbiamo pensato più volte di investire nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere, ma nessuno di noi se l’è sentita davvero. Troppo complesso. Solo delle persone giovani che hanno grinta, tenacia e quello stimolo in più a livello motivazionale potrebbero riuscirci”. In effetti è stato così! Col senno di poi, non so se in un’altra vita lo rifarei. Ogni giorno mi chiedevo chi me la facesse fare, ogni giorno me lo chiedevano i miei fratelli, i miei genitori, le persone a me più vicine. Io non sapevo dare una risposta. Era tutto così difficile, lo era stato dall’inizio: inventarsi, creare un’associazione dal nulla, trovare le persone pronte a investire tempo e denaro, entrare in alcuni meccanismi del settore pubblico, promuovere le attività, parlare della violenza a chi dovrebbe sapere, lavorare gratuitamente, cercare soldi per pagare le spese, i tempi lunghissimi della burocrazia, zero risorse e soprattutto la poca conoscenza dell’argomento con tutto quello che ne consegue.

Quante notti a pensare a cosa dire, a cosa fare, a scrivere comunicati stampa o relazioni, quanto tempo passato al telefono, quanta rabbia da gestire, quante rinunce, alle cose, alle persone, al tempo libero, al dolce far niente.

Magari intitoleranno anche una strada in mia memoria…

È come l’onorificenza che il Capo dello Stato ha dato tempo fa a Lucia Annibali, la donna che è stata sfigurata con l’acido da una persona il cui mandante era il suo ex. Ha ricevuto la nomina di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana per aver reagito con dignità, coraggio e determinazione all’aggressione subita: ahahahah, assurdo! Come avrebbe dovuto reagire? In fondo Lucia è solo la dimostrazione che le donne sanno reagire, al contrario di quanto si pensi. Ma il punto è un altro? Dov’è stata la Repubblica Italiana prima di questo evento? Cosa ha fatto per evitarlo? E cosa ha fatto per aiutarla dopo? L’onorificenza, ahahahah, assurdo! Oltretutto con un titolo da uomo (Cavaliere). Così si combatte la violenza? In questo modo lo Stato vuole promuovere un cambiamento mirato alla parità di genere? Servono le azioni, non le onorificenze e poi onorificenza a lei, che si è trovata in questa situazione, mica se l’è cercata? Le onorificenze andrebbero date a chi ha fatto qualcosa di importante rischiando la vita per il proprio Paese. E quindi per cosa viene premiata? Per aver continuato a vivere dopo che qualcuno voleva farla fuori? Che altro avrebbe potuto fare? E soprattutto nessuno si chiede come viene recepito il gesto dalla società? Quali sono le sue conseguenze di questa onorificenza nella mente collettiva?

Ma ormai non devo più arrabbiarmi, non mi interessano più questi discorsi. Sono fuori dai giochi ormai.

Che poi in linea di massima posso dire di aver vissuto una vita felice. In effetti non mi mancava nulla, o meglio, mi facevo bastare tutto ciò che avevo. Una tecnica di resilienza, no? Vivevo una vita normale, un giorno meglio, un giorno peggio, risate e lacrime, soddisfazioni e difficoltà, gioie e dolori. La mia famiglia, i miei amici, una storia d’amore bella, la salute. Il resto conta poco. “Quando si vive attaccati al denaro, all’orgoglio o al potere è impossibile essere felici” diceva Papa Francesco. ‘Mbè sì, però senza denaro è difficile vivere dignitosamente.

Decisi quindi un giorno di investire nell’attività privata. Non da sola, ma con altre colleghe. Un nuovo investimento, qualcosa che mi permettesse di guadagnare soldini ma mi permettesse di fare altro, mi permettesse di rivedermi in altri ruoli, anche perché non si può vivere di solo volontariato. Bene, bella esperienza. Ma si sa all’inizio bisogna investire. Poi se sei donna e giovane è tutto più difficile.


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Sono Patrizia Lomuscio, laureata in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni e Consulente in Criminologia, Psicologia Investigativa e Psicopedagogia Forense.  Socia fondatrice e Presidentessa del Centro Antiviolenza "RiscoprirSi...", associazione nata nel 2009 ad Andria (BT) per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti, che dal dicembre 2013 è componente dell'ATI Associazione Temporanea d'Impresa che gestisce il Centro Antiviolenza della Provincia Barletta-Andria-Trani "Futura". Esperta in Progettazione Sociale e Politiche Sociali, in particolare Politiche di Genere, mi occupo di amministrazione, pubbliche relazioni e formazione, prevenzione e sensibilizzazione. Da Gennaio 2013 socia fondatrice di S.A. PSI Studio Associato Psicologico Educativo, studio professionale di promozione del benessere psicologico della persona, della coppia, della famiglia e della collettività, attraverso attività di ricerca, informazione, formazione, prevenzione e intervento psicologico - psicoterapeutico - educativo pensato sulla centralità del cliente come autore principale dell'intervento.