Il dott. Alessandro Ricci, Segretario Generale dell’Ente: «La geografia è uno strumento essenziale per comprendere i cambiamenti globali che riguardano ognuno di noi, dalle migrazioni ai conflitti geopolitici, dalla cura e gestione dell’ambiente alle trasformazioni delle nostre città»

Quando nacque nel 1867 a Firenze, allora capitale del Regno d’Italia, il nostro Paese continuava ad essere unito solo geograficamente poiché per la completa unificazione della penisola italiana mancava ancora il Lazio. Quando l’unificazione fu completata e la capitale d’Italia spostata a Roma, anche la casa dei viaggiatori emigrò nell’Urbe, cinque anni dopo.

In quegli anni tra fine Ottocento e primo Novecento ha accompagnato studiosi e viaggiatori desiderosi di raggiungere luoghi lontani e poco conosciuti. È la Società Geografica Italiana che in questa primavera festeggia i suoi primi 150 anni.

Da allora è la casa della geografia, accompagna la storia d’Italia e ne studia i fenomeni migratori e naturali. Oggi la sua sede è a Roma, nel palazzetto Mattei e rappresenta la più antica organizzazione geografica italiana.

“Il nostro compito è grave, ogni giorno si introducono nuovi mari, nuovi paesi, nuovi popoli e lingue nel patrimonio geografico…”: Cristoforo Negri (1809-1896), ideatore insieme a Orazio Antinori (1811-1882) e primo presidente della Società Geografica Italiana, nel suo discorso del 1868 davanti ai soci dell’Ente, cosi sintetizzava gli obiettivi e lo spirito della società, rifugio di geografi e viaggatori in cerca di terre sconosciute.

Nella seconda metà del’ 800 la geografia anche grazie all’espansionismo coloniale viveva un periodo d’oro, fatto di scoperte e spedizioni. Rimanevano da esplorare l’Australia, vaste parti dell’Africa e dell’Asia.

Il Regno d’Italia aveva ben altri problemi e non poteva certo permettersi di pensare all’esplorazione del mondo se prima non pensava a risolvere il problema dell’unificazione nazionale. Solo verso il 1870 anche in Italia si iniziò a parlare e pensare a scoprire i luoghi più remoti della terra, a cercare terre lontane e questo avvenne anche grazie all’impulso dato dalla Società Geografica Italiana.

Le prime esplorazioni guidate dall’Ente, che contava dopo pochi anni dalla nascita già 1200 soci, furono dirette in Asia, nei  Poli e in Africa, verso la zona dei laghi equatoriali, guidate da Orazio Antinori.

Erano gli anni del colonialismo europeo, le potenze occidentali erano alla conquista delle regioni africane e delle sue immense risorse naturali e fu per questo che le spedizioni, anche nel caso italiano, venivano spesse supportate e sponsorizzate dai governi.

Quando a ridosso della seconda guerra mondiale la stagione delle grandi esplorazioni fu terminata, un nuovo compito attendeva la Società Geografica Italiana: lo studio e la documentazione.

Da allora la casa dei geografi si occupa di studiare i fenomeni legati alla storia italiana e al suo territorio: flussi migratori e terremoti, ma anche il dissesto idrogeologico del nostro paese.

Ma il suo compito più importante rimane valorizzare il patrimonio storico e culturale che le è stato affidato in 150 anni di storia: per approfondire la storia della Società Geografica Italiana ho intervistato il dott. Alessandro Ricci, Segretario Generale dell’Ente, che ringrazio per la disponibilità.

Dott. Ricci, la Società Geografica Italiana è nata nel 1867 per rispondere alle sfide legate alle esplorazioni di luoghi allora poco conosciuti. Quel periodo è passato. Oggi in concreto di cosa si occupa la Società Geografica?

La Società Geografica oggi svolge la sua attività anzitutto nella conservazione e nella valorizzazione del proprio immenso e unico patrimonio archivistico attraverso mostre, apertura al pubblico, dialogo continuo con le istituzioni. E, poi, organizza un’intensa attività culturale e formativa: convegni, seminari, corsi di specializzazione, una rivista pubblicata da quasi 150 anni, una casa editrice, un Rapporto Annuale sui temi dell’attualità geopolitica, delle migrazioni, delle questioni ambientali, delle smart cities, degli itinerari culturali e della cooperazione internazionale, anche attraverso uno specifico Centro Relazioni con l’Africa.

Il fascino dell’istituzione di cui lei è segretario generale risiede nel suo immenso patrimonio librario che include anche foto e carte geografiche. Quale è il documento o la foto che l’ha meravigliata o a cui è legato particolarmente?

Abbiamo in effetti un vero e proprio capitale culturale: 400.000 volumi, 250.000 carte geografiche, 400.000 fototipi e altre 200.000 carte d’archivio che raccontano la storia italiana, ma anche quella mondiale, delle scoperte, dei viaggi e delle conoscenze dell’uomo nel tempo. In questo scettro alcune carte sono di enorme rilievo: il portolano Albino de Canepa fu prodotto nel 1480 e rappresenta cartograficamente il bacino del Mediterraneo pochi anni prima della scoperta dell’America. Un documento unico al mondo, così come conserviamo il fondo orientale, costituito da circa 200 carte cinesi e giapponesi: pezzi rarissimi che ci vengono richiesti da tutto il mondo, frutto delle passate spedizioni italiane.

Quali iniziative sono previste per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario?

Le iniziative si stanno svolgendo su vari livelli, da quello più istituzionale all’apertura al grande pubblico: convegni internazionali, una mostra sulla nostra storia (a Firenze e a Roma e, online, anche qui), un concerto nella nostra sede, altri incontri e seminari, targhe commemorative e poi le iniziative “Adotta un documento”, per dare la possibilità di contribuire al restauro di alcuni, selezionati documenti d’archivio e “Porte aperte in Società Geografica”, con visite guidate gratuite, una volta al mese e per tutto l’anno, nella nostra splendida sede di Villa Celimontana. L’evento clou si è tenuto alla presenza del Presidente della Repubblica, del Sottosegretario al Mibact e della Sindaca di Roma lo scorso 16 maggio: un convegno con ospiti internazionali sul ruolo delle società geografiche per la conoscenza del mondo che ha avuto un ottimo impatto mediatico.

La geografia, a partire dai banchi di scuola, per tutti noi ha rappresentato il primo modo di conoscere il mondo. Quale spazio dovrebbe avere nella cultura del nostro Paese e lei ritiene che sia una materia a cui è data attualmente la giusta importanza?

La geografia è uno strumento essenziale per comprendere i cambiamenti globali che riguardano ognuno di noi, dalle migrazioni ai conflitti geopolitici, dalla cura e gestione dell’ambiente alle trasformazioni delle nostre città e lo spazio che attualmente le è dedicato, nel dibattito culturale e nell’ambito scolastico, è ancora troppo marginale, anche per via del retaggio che si porta dietro: la geografia non significa laghi, fiumi e monti, ma è la grammatica attraverso cui si esprime il globo. Studiarla vuol dire imparare a conoscere l’alfabeto, il linguaggio del mondo in ogni sua forma.

 

Per info su attività ed eventi:

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