Non c’è bisogno di un regime dittatoriale o di disposizioni illiberali per combattere il virus
Negli ultimi giorni, in molti mi hanno chiesto com’è la situazione in Cina, se c’è una seconda ondata anche qui e quali sono le misure di contenimento attualmente in vigore.
Anche se a qualcuno può sembrare strano e poco credibile, la situazione in Cina è decisamente sotto controllo, se paragonata a quella di Europa e Stati Uniti, e tutte le attività economiche funzionano a pieno regime, o quasi.
La mascherina è ancora richiesta, soprattutto sui mezzi pubblici e in aereo. A Pechino è raro vedere qualcuno in giro senza, anche se in altre città di altre province l’uso della mascherina è molto meno frequente, stando a quello che ho sentito dire.
In alcuni musei e locali, il numero di ingressi è limitato dall’obbligo di prenotazione, non esistono orari di chiusura dettati da DPCM emanati ogni due o tre giorni, e le scuole sono regolarmente aperte, compresa quella in cui lavoro.
Due settimane fa, nella città di Qingdao (a circa 800 chilometri a Sud-Est di Pechino), c’è stato un focolaio di 21 casi. Le autorità hanno subito messo in quarantena 144 persone che erano entrate in contatto con le persone infette, e in cinque giorni hanno testato praticamente tutta la popolazione locale (circa nove milioni di persone) e l’allarme è rientrato.
A proposito di tamponi, ormai sono disponibili in molte strutture, pubbliche e private, senza neanche bisogno di prenotarli. Io e mia moglie ne abbiamo fatti due per motivi di lavoro, spendendo una volta 70 yuan per un tampone solo nasale (circa 9 euro) e l’altra 120 (meno di 15 euro) per un tampone nasale e orale, ottenendo il risultato sull’app dell’ospedale già dopo nove ore.
Le mascherine si trovano in abbondanza in tutte le farmacie al prezzo di uno yuan l’una (circa 12 centesimi di euro)
Ora possiamo anche continuare a pensare che tutto ciò che sta succedendo sia colpa della Cina, che il governo stia mentendo sul numero reale dei nuovi casi (se ne contano due o tre decine al giorno in tutta la nazione), ma se tamponi e mascherine sono così facilmente reperibili, significa che effettivamente non c’è nessuna emergenza.
Legittimo insistere sulle responsabilità iniziali del governo cinese, come lo è criticare il regime per alcuni dei suoi aspetti, ma non si può non ammettere che la Cina ha affrontato l’epidemia in modo efficace. Va anche detto che non solo nella Cina continentale, ma anche a Taiwan, Hong Kong e Macao la situazione è stata gestita bene, come anche in Giappone e Corea del Sud (difficile dire con certezza com’è la situazione in Corea del Nord, ma a quanto pare non ci sono casi lì).
Questo significa che non c’è bisogno di un regime dittatoriale o di disposizioni illiberali per combattere il virus, basta rispettare le regole e agire con buon senso. In questi paesi non esistono negazionisti che in nome di una pseudolibertà, promuovono ignoranza e comportamenti irresponsabili, rendendo vano il lavoro di chi si comporta secondo le regole, oltre a quello di medici e operatori sanitari.
Purtroppo credo che in Italia e in molti altri Paesi europei, molta gente equivochi il concetto di libertà e democrazia, in troppi pensano di poter fare ciò che si vuole senza rendere conto a nessuno, e i risultati purtroppo si vedono, non solo per quanto riguarda l’epidemia.
Se la Cina non può essere presa come modello di riferimento, si veda almeno l’esempio dei Paesi democratici che ho nominato in questo articolo, e speriamo che non si arrivi a un nuovo, catastrofico lockdown.