»Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade»
(Umberto Eco)
Quando la salute viene meno, anche per piccolezze, inevitabilmente si rimpiange il giorno prima, quando la salute c’era.
È un po’ di tempo che mio figlio è vittima di terribili emicranie, quando passano mi sembra di tornare nell’Eden. Poi l’Eden torna a riproporre le rogne sue tipiche, quelle tornano ad essere delle vere e proprie seccature, fino a che non tornano le emicranie e il giro ricomincia.
Stamane ancora, così sono rimasta a casa: a volte è davvero improponibile pensare di lasciarlo solo. A lui si è aggiunto suo fratello: un bel 38.5 di punto in bianco e pace, ho tirato un grosso respiro, mi sono accertata fossero ambedue a posto per quanto possibile e mi sono seduta sulla poltrona, in uno stato a metà fra la pecora e il leone.
Da lì vedevo la mia grande libreria: mi sono messa a guardarla in ogni dettaglio, ho sistemato con la testa i colori, ho ripercorso i dorsi di ogni singolo testo, ho anche parlato con qualcuno dicendogli che, obiettivamente, è un poco pesante. A qualcun altro ho ricordato quanto sia irrinunciabile… ed ho trascorso un po’ di tempo così: ho pensato che se “scrivere è un atto di generosità”, leggere è proprio farsi un regalo.
Se leggessimo 10 pagine ogni giorno, non di più, nel giro di un anno avremmo all’attivo: I dolori del giovane Werther, Guerra e Pace, Il ritratto di Dorian Gray, Delitto e castigo, Le notti bianche, Il paese delle ombre lunghe e la serie quasi intera dei romanzi di Derek Raymond. Non ho barato, ho fatto proprio i conti.
Un anno e saremmo cresciuti per venti passati senza leggere.
Una banale moltiplicazione mi ha fatto poi rimpiangere tutti i giorni in cui non ho letto: indaffarata, presa a troppe cose, stanchissima o assonnata.
Avevo già in mente una tabella di marcia per oggi, mi ero però già data dell’imbecille e ripetere gli errori dopo averli visti, non è proprio sintomo di grosso acume: allora ho preso un libro. Lo ha scritto una persona che mi sta antipatica a pelle, ce l’ho da molto, ho deciso di dare una possibilità a me e a quelle pagine. Devo dirla tutta? Quel libro l’ho richiuso perché mi causa proprio l’orticaria; se è davvero un buon libro lo capirò eventualmente in futuro: oggi in mezzo ai virus proprio non era aria di forzarmi oltre. In compenso, ho prima riletto un paio di bugiardini, poi ho preso un libro di Alessandro d’Avenia, che è sempre favoloso e mai troppo controverso o complicato, sono andata avanti prima per dieci pagine, poi venti, poi trenta… e poi: “Maaaaamma”… stop.
È giusto così, ma mi sono portata un po’ avanti: scrivere salva, ma leggere pure.
Leggete, leggete quanto potete e ricordate: dieci pagine al giorno, anche prima di dormire.
Dico davvero: segnatelo anche su un post-it, perché lo so che poi si può dimenticare. Ed è un errore: è proprio da stupidi aspettare che i propri figli si ammalino per fermarsi ed accorgersene.
Prendete gratis questo consiglio, giuro che vengo in pace.