Le vittime furono ventitre, tra queste c’era suo padre, Enrico, sceso in Puglia per festeggiare il proprio onomastico e il compleanno del nipotino.

Il suo sguardo ha bucato il mio schermo, una folta chioma di capelli biondi coprivano, a stento, lacrime trascinate da un’iniqua gravità, forza che, normalmente, farebbe da attrito lungo i binari della vita, ma che, invece, cambia traiettorie, indirizzando le esistenze di chi resta in meri anfratti di chi è andato via, per sempre, rimpianti soggiogati da scali regionali o dalla perversa tentazione di appuntare sul petto altrui colpe troppo politiche per essere accertate. C’è lei, Daniela Castellano, nei miei ricordi di quel tragico 12 luglio. Le vittime furono ventitre, tra queste c’era suo padre, Enrico, sceso in Puglia per festeggiare il proprio onomastico e il compleanno del nipotino. Le radici di Enrico, in fondo, hanno attecchito sul brullo territorio brindisino, dando i natali ad una famiglia che desiderava riabbracciare. In quella donna, che quel giorno chiedeva giustizia su SkyTG24, qualcosa pareva essersi, definitivamente, spento. Ma, si sa, gli interruttori basta risollevarli, un click, e sono pronti a dar luce a verità nascoste nel buio dell’omertà. Daniela si è rialzata per ricominciare a lottare e oggi ha deciso di raccontarsi ai lettori di Odysseo.

Ciao Daniela. Hai definito tuo Papà “persona gioiosa”, ma, estraniandoti dal ruolo di figlia, chi era Enrico Castellano?

Chi era mio padre? Difficile staccarsi dal ruolo di figlia, dall’affetto che ci legava. Era un uomo con un carattere molto forte, combattivo ed energico. Non si è mai arreso davanti agli ostacoli. Li superava come un “purosangue arabo”, li affrontava sempre a testa alta, con caparbietà. Aveva circa 40 anni quando ha provato per la prima volta a sciare, gli piacque talmente tanto che l’intera famiglia imparò a sciare. Certo come tutti noi, i lati negativi mancavano…

Nonostante il legame viscerale con la sua terra natale, Enrico ha vissuto, per quasi cinquant’anni, a Torino. Scusandomi per la capziosità della domanda, formulata a mò di chiacchiericcio da bar, credi che, anche in questo tragico evento, abbia inciso la cosiddetta “questione meridionale” e che, quindi, incidenti come quello del 12 luglio, al nord, non sarebbero mai capitati?

Abbiamo vissuto a Torino per 25 anni, fu trasferito per lavoro, poi, nel 2003, decidemmo di trasferirci a Bari. Inizialmente fu difficile per tutti noi abituarsi ad uno stile di vita differente. Papà non riuscì a chiudere i ponti con Torino, nel tempo decise di tornare a viverci. Per quanto riguarda la questione meridionale, lo Stato Italiano è assente, c’è una forte spaccatura che non si è mai voluta risanare. La morte delle 23 persone è dovuta ad una totale mancanza di controlli da parte dello stesso. C’era una direttiva europea del 2012/34, diventata decreto legislativo il 15 luglio del 2015, dove si cambiavano tutte le regole in fatto di sicurezza delle ferrovie interconnesse regionali, tra cui la Bari-Barletta. L’Europa chiedeva all’Italia di adottare un unico sistema di sicurezza SCMT, come in tutti gli altri paesi della UE, e di trasferire il controllo delle stesse ad un Ente unico al di fuori dei contesti politici, come lo era USTIF (controllore delle ferrovie interconnesse regionali fino a fine settembre del 2016) del ministero dei trasporti. Sarebbe dovuto diventare decreto ministeriale a fine gennaio del 2016, ma il Ministro dei Trasporti, Delrio, non lo firmò. Sono sicura che quella firma avrebbe potuto salvare TUTTI i nostri cari, morti il 12 luglio del 2016.

Cosa ricordi di quella nefasta mattinata estiva?

I miei ricordi sono molto confusi e frammentati, quel giorno una parte di me è morta con papà. L’angoscia che mi ha accompagnata per l’intera giornata, l’ansia del non sapere, la forte disperazione, la preghiera e la speranza costante che fosse tra i feriti. Ma, man mano che passavano le ore, la speranza moriva. Piangevo e mi disperavo pregando la protezione civile di darmi notizie. “Vi prego datemi notizie di papà”, questa frase l’ho ripetuta per ore, finchè non mi dissero di andare al Palazzetto dello Sport di Andria perchè li avrei trovato l’elenco completo dei feriti, ero con mia madre, mentre mio fratello e mia sorella erano già sul luogo della strage, nella speranza di riuscire ad avere notizie più precise. Ricordo il cancello del Palazzetto, c’era un vigile, credo, non ricordo bene la divisa, sapevo che le sue parole mi avrebbero cambiato la vita, in meglio o in peggio. Temevo quella risposta. Il nome di papà non era tra i feriti. Il vigile mi disse che di recarmi a Bari e rivolgermi al reparto di medicina legale, perchè i cadaveri erano tutti diretti là. Quel tragitto fu terribile, non so ancora oggi come sia riuscita a guidare ed arrivare sana a Bari, furono i cinquanta minuti più brutti della mia vita, perchè sapevo che avrei dovuto piangere al capezzale di mio padre…

Cosa non ha funzionato, realmente, lungo quei binari della morte?

Sono morti perchè su quel maledetto binario unico non c’era un sistema di sicurezza, l’errore umano è stato, così, letale. Una strage annunciata, una strage di Stato!

Il Consiglio della Regione Puglia assicura che fosse possibile raggiungere il livello massimo di sicurezza dei treni e che l’installazione del Sistema di controllo marcia treno (scmt) fosse stata rinviata solo per motivi economici. Un prezzo troppo alto pagato con la vita. Un errore di Ferrotramviaria o mero assenteismo politico?

La colpa, in primis, è di Ferrotramviaria, perchè, oltre a non aver messo in sicurezza il binario unico, faceva anche pubblicità falsa, dichiarando sicura quella ferrovia. Colpe da ascrivere anche alla Regione, o meglio agli assessori regionali ai trasporti, Loizzo e Giannini, perchè quando hanno visto i progetti del raddoppio del binario, di sicuro sapevano che quel binario unico senza sistemi di sicurezza era una bomba ad orologeria, eppure non hanno mosso un dito. Chi controlla chi? Si parla sempre del doppio binario, ma vorrei dire a chiare lettere che se fosse stato installato l’SCMT su quel binario unico non sarebbe morto nessuno. L’Italia è piena di binari unici, ma tutti messi in sicurezza. In Puglia, invece, si litigava per il doppio binario, senza prendere precauzioni per il binario unico…

Il risarcimento stabilito dal Governo per le famiglie delle 23 vittime ammonterebbe a 10 milioni di euro, cifra che, ad oggi, nessuna compagnia assicurativa è intenzionata a sobbarcarsi. Credi che, come da costume italiano, la vicenda cadrà, ancora una volta, nel dimenticatoio?

I 10 milioni di euro rappresentano lo stanziamento di un decreto legge voluto dopo la tragedia ferroviaria di Viareggio, ma ancora oggi, a Roma, nessuno ha posto una firma per renderlo esecutivo per la tregedia ferroviaria pugliese. Evidentemente, per Renzi, il Referendum è più importante! Per quanto riguarda l’assicurazione di Ferrotramviaria, il nome è depositato alla procura di Trani, in quattro mesi la ferrotramviaria non ha mai voluto fornirci nè il nome nè la copertura. Ai posteri l’ardua sentenza, e chissà a quali altre brutte scoperte andremo incontro.

Intanto, il Premier Matteo Renzi ti ha eliminato dai suoi contatti di Facebook. La verità è troppo scomoda per essere social?

La verità diventa ancora più scomoda sotto campagna referendaria… Ogni settimana ricordavo a Renzi il numero delle vittime e dei feriti della strage del 12 luglio, ed invece di rispondermi, ha pensato bene di bloccarmi, e vi assicuro che non ho mai usato frasi offensive, il mio voleva essere un modo per non far dimenticare l’accaduto.

Al di là del comprensibile amaro in bocca, cosa porti nel pesante bagaglio di esperienza che ti ha lasciato questa sconcertante faccenda?

Il bagaglio che porto sulle mie spalle, è un bagaglio pesantissimo, so che neppure il tempo potrà mai alleggerirlo. Probabilmente mi piegherà, ma per farmi spezzare attendo la condanna di chi ha ucciso mio padre. Mi basta ascoltare il fischio di un treno per sentire accelerare il mio battito cardiaco, la paura mi attanaglia quando varco un passaggio a livello. Sono segnata a vita, come mi ha segnato per sempre il giorno in cui ho dovuto riconoscere la salma di mio padre, la numero 18.

Natale è, ormai, alle porte. Cosa vorrebbe trovare Daniela sotto l’albero?

Sarà un albero spoglio, un Natale triste, accompagnato dall’angoscia che non mi ha più lasciato da quel maledetto 12 di luglio. Sotto l’albero vorrei trovare una promessa: che lo Stato non faccia mai più morire in quel modo barbaro le persone, vorrei che la morte di papà riuscisse a scuotere le coscienze politiche, vorrei che capissero che la sicurezza è un nostro diritto… ed un loro dovere! Vorrei… vorrei trovare una bacchetta magica che mi riporti indietro nel tempo, bloccare la paletta verde del capostazione, poter quindi riabbracciare mio padre e risentire il suo profumo… vorrei…