Il cammino per me un mondo senza fame è ancora molto lungo ma con politiche differenti è possibile difendere i più vulnerabili

Nel 2017, circa 821 milioni di persone, in aumento rispetto all’anno prima, soffrivano la fame. Una moltitudine spaventosa, in cui madri e bambini sono le categorie maggiormente a rischio. Oggi ci sono 151 milioni di bambini e bambine che soffrono di malnutrizione cronica e la malnutrizione è una delle cause che provoca ogni anno la morte di circa 2,5 milioni di bambini sotto i 5 anni, cinque ogni minuto.

Povertà, cambiamento climatico e conflitti continuano a rallentare la lotta alla malnutrizione materno-infantile e il raggiungimento dell’obiettivo accordato a livello mondiale di azzerare progressivamente la fame. Per le fasce più povere della popolazione e per coloro che si concentrano nelle aree rurali, le proiezioni attuali dicono che ci vorranno molti decenni prima di raggiungere gli obiettivi prefissati nella cosiddetto Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Un recente rapporto di Save the children ha cercato di scovare le cause profonde che legano la malnutrizione a numerosi altri fattori, con un approccio a 360˚ che guarda ai nessi della fame con i cambiamenti climatici, le guerre e la povertà. Oggi fino a 500 milioni di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo e che producono fino all’80% del cibo totale in Asia e Africa subsahariana sono esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. I disastri climatici hanno delle ripercussioni enormi sulla malnutrizione, la mortalità, il livello di istruzione e la salute dei bambini. In molte regioni del mondo colpite dalle calamità naturali (siccità, inondazioni, monsoni) i bambini non hanno più avuto la possibilità di andare a scuola, dove molto spesso veniva fornito a loro e alle famiglie cibo sano e acqua pulita, servizi sanitari e supporto psicologico.

La fame si è poi spesso trasformata in una vera e propria arma da guerra. Le guerre civili e i conflitti armati (ad esempio in Siria o Yemen) hanno un impatto devastante sulla sicurezza alimentare di 350 milioni di bambini. Esse sono i principali fattori di morte e malnutrizione e provocano spesso la distruzione di infrastrutture e sistemi agricoli, la perdita di macchinari e l’interruzione di servizi essenziali (dalla sanità all’istruzione), mettendo in pericolo il diritto al cibo e alla nutrizione. In questo contesto, le mamme e i bambini sono i soggetti più vulnerabili e devono diventare i destinatari principali dei programmi di nutrizione.

Per raggiungere i più deboli e vulnerabili bisogna rafforzare la capacità di reazione alle crisi in modo coordinato, per rispondere in maniera efficace alle complesse dinamiche che legano la fame ai conflitti e ai disastri climatici. In questo senso, occorre una maggiore collaborazione tra vari attori sul terreno, che superi l’attuale dicotomia tra assistenza umanitaria e sviluppo. Gli attori umanitari fanno ancora moltissima fatica a intervenire in situazioni di emergenza o di conflitto aumentando drammaticamente il rischio di morte.

La lotta alla fame è poi una lotta di genere. Sconfiggerla significa eliminare anche quelle barriere legali, economiche, culturali e sistemiche che impediscono alle madri di migliorare la sicurezza alimentare delle loro famiglie. In molti contesti rurali, le madri sono le principali responsabili per la sicurezza alimentare delle comunità, dal momento che hanno più probabilità di spendere le loro risorse in cibo, assistenza sanitaria ed istruzione dei propri figli.

In questo contesto, nonostante i progressi fatti, le risorse finanziarie attualmente a disposizione non sono affatto sufficienti. Secondo alcuni calcoli, servirebbero almeno 23 miliardi di dollari in più all’anno per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile sulla nutrizione. In Italia l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo è ancora troppo basso, così come risulta difficile valutare e riportare in modo trasparente la tracciabilità dei dati sull’Aiuto Pubblico allo Sviluppo destinati alla nutrizione.

Il cammino per me un mondo senza fame è ancora molto lungo ma con politiche differenti è possibile difendere i più vulnerabili, garantire standard adeguati di nutrizione a tutti e non lasciare nessuno indietro.


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Daniele Fattibene è un giovane ricercatore della…conoscenza! Mezzosangue apulo-lombardo, napoletano di adozione ed Europeista convinto (e un pò disilluso) è laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Napoli (L'Orientale) prima e Forlì (Alma Mater Studiorum) poi. Si occupa di questioni di sicurezza europea con un interesse particolare verso i Paesi dell’Europa dell’Est. È come tutti noi un Ulisse 2.0, un cittadino del mondo amante delle lingue straniere, del viaggio, dell’ignoto e delle verità “scomode”. Collabora con diverse riviste e magazine online tra cui "AffarInternazionali", "EastJournal", "Social Europe" e "Reset". Lavora presso l'Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma. Twitter @danifatti