Una favola ante litteram per grandi e piccini

Diretto da Francesco Amato ed interpretato dal duo comico Ficarra e Picone, “Santocielo” è un film che affonda le radici nella fede popolare, nel raggiungimento paradisiaco dei buoni valori, una trasposizione religiosa della stand up comedy.

L’angelo Aristide, impiegato nello smistamento delle preghiere, sogna di cantare nel coro del settimo cielo, decide di incarnarsi e farsi umano, sperimentando tutte le passioni e le ansie di una persona comune, in una sorta de “La morte non va in vacanza” prima, e ”Vi presento Joe Black”, poi.

Si parva licet, a differenza del capolavoro di Martin Brest, qui, ovviamente, la pellicola pecca di una qualità nel cast, ghermendo stereotipi scenici da televisione più che da Grande Schermo.

La figura di Nicola, invece, ammicca a quella giusta lotta contro l’attuale (e atavico) concetto di patriarcato, predisponendosi all’immaginario ruolo di “mammo” prodromico all’emancipazione femminile, un’esaltazione della fattiva collaborazione fra sessi, la compenetrazione di dolori gestazionali che conducono, quasi catarticamente, a quel senso di sacrificio oggi più che mai sconosciuto. Il tutto sotto il vigile sguardo del deus ex machina Giovanni Storti, alla stregua di uno Zeus caricaturale, specchio del limitato genere umano.

“Santocielo” è una favola ante litteram per grandi e piccini, segue le orme dicembrine de “Il primo Natale”, e, nel titolo, si può rappresentare l’esclamazione di contrarietà dello spettatore ai titoli di coda!


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.