A Bitonto è festa. Festa di popolo in festa. Itinerante. Alla ricerca di senso. Pronto ad alimentare la fiamma della speranza nel mare incandescente della storia e delle storie.

Guardo la festa dall’interno. Chi scorgo lungo la strada?

Vedo piedi scalzi: uomini e donne in pellegrinaggio, moderni nomadi assetati d’infinito. In cammino. Piedi gonfi, segnati.

Vedo corpi appesantiti dallo zaino dei giorni. Solcati da rivoli di cera. Ancora nel crogiolo della vita quotidiana, dove ogni cosa brucia a fuoco lento, dove ogni scoria può purificarsi. Con il perdono. Con la gratitudine.

Ascolto la preghiera e il canto dei viandanti. Quasi una nenia. Elegia della fragilità umana. Balsamo per la fatica dell’andare.

Scorgo i volti dei cercatori di senso. Scorrono su lingue d’asfalto, su antichi sentieri di pietra lavica, lungo strettoie e archi, tra solchi ardenti di vulcano e sfiatatoi in affanno. Un cero per bastone, una fiamma per lanterna…

Vedo l’icona dei Santi Medici. Procede lenta. Sottratta finalmente allo spazio sacro per appartenere a quello della città, che si vorrebbe santa per contagio.

Cosma e Damiano: comete nella notte buia. Meta.

Leggo la volontà di camminare che attraversa il tempo: giovani e vecchi, freschi e affaticati, chierici e laici, formiche della metropoli, pellegrini dello spirito. Ansiosi d’imprimere l’orma su un’opera marcata di speranza.

… E finalmente scorgo la sagoma del Santuario… lo skyline della Fondazione: è qui il miracolo! La carità che dà senso a ogni crocevia segnato dal legno e dalle spine. Per aiutare a tenere il passo.

Accogliere il migrante in mensa, non è forse il miracolo in un mondo ancora irto di muri e di frontiere?

Ospitare il morente in Hospice, non è forse il miracolo in un contesto che abbandona chi è d’intralcio al sistema?

In fondo, la festa è qui: andare incontro all’altro, come condizione per guardare in alto.


FontePhoto credits: Renato Brucoli
Articolo precedenteGli “Eroi del Pulito”: la startup di Alessandro e Marco Florio
Articolo successivoAnna non verrà
Renato Brucoli (Terlizzi, 1954) è editore e giornalista pubblicista. Attivo in ambito ecclesiale, ha collaborato con don Tonino Bello dirigendo il settimanale d’informazione religiosa della diocesi di Molfetta e il Settore emerge della Caritas, in coincidenza con il primo e secondo esodo dall’Albania in Italia (marzo-agosto 1991) e per alcune microrealizzazioni di ambito sanitario nel “Paese delle Aquile”. Nella sfera civile ha espresso particolare attenzione al mancato sviluppo delle periferie urbane e fondato un’associazione politica di cittadinanza attiva. Ha anche operato nella Murgia barese per la demilitarizzazione del territorio. Autore e curatore di saggi biografici su don Tonino Bello e altre personalità del Novecento pugliese, dirige la collana Alfabeti per le Edizioni Messaggero Padova. Direttore responsabile della rivista Tracce, collabora mensilmente con il periodico La Nuova Città. È addetto stampa per l’associazione Accoglienza Senza Confini Terlizzi che favorisce l’ospitalità di minori bielorussi in Italia nel dopo Chernobyl. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la quale ha pubblicato una collana di Quaderni a carattere pedagogico sul rapporto adulto-adolescente, gli ha conferito la Medaglia d’oro al merito culturale. L’Ordine dei Giornalisti di Puglia gli ha attribuito il Premio “Michele Campione”: nel 2013 per l’inchiesta sul danno ambientale procurato da un’industria di laterizi; nel 2015 per la narrazione della vicenda umana e sportiva di Luca Mazzone, campione del mondo di paraciclismo.