Che Dio ci liberi dal poliziotto con la Nutella

Caro Direttore,

le scadenze di calendario spesso vengono celebrate con un impasto di retorica e di speranza, che acquistano un valore particolare al passaggio dell’anno. L’emozione delle fetività natalizie e il piacere segreto di averla fatta franca ancora una volta fanno del Capodanno un passaggio simbolico e scaramantico. La faccenda vale anche per il salto dal 2018 al 2019, che ha una particolare valenza per l’Italia, visti gli inediti scenari politici e sociali che da sei mesi caratterizzano la nostra vita quotidiana e che negli ultimi giorni hanno dato il peggio di sè alle Camere. Un anno fa, nessun mago, ma proprio nessuno, aveva preconizzato un governo gianesco, inteso come bifronte, che avrebbe messo insieme due acerrimi nemici quale Lega e M5S: cioè quelli che pregavano il Vesuvio liberarci di Napoli e quelli che da Napoli recitavano il piagnisteo borbonico del povero Mezzogiorno saccheggiato dal Lombardo-Veneto. Il nord peggiore e il sud a sua immagine e somiglianza. Il Contratto di sposalizio fra Matteo Salvini e Giggino Di Maio sta generando il suo erede legittimo: un disastro di promesse e una montagna di debiti a venire. Si accettano scommesse.

Ora, dovendo gettare dalla torre uno dei due coniugi, credo che tocchi all’inutile Di Maio, il napoletano, saltare nel vuoto. Mentre tocca al milanese Salvini, utile al disegno sovranista e antieuropeo, l’alloro di personaggio dell’anno 2018. Per me non è una sorpresa. In un articolo sull’immigrazione, su Blitzquotidiano.it del 20 aprile 2015, scrivevo delle “cattive intenzioni si Salvini”. Non sono un profeta, e non ci voleva molto per capire di che pasta fosse fatto l’uomo, un arrivista sociale che aveva scalato il vertice della Lega senza rispetto per nessuno, neanche per il suo padre putativo Umberto Bossi, il fondatore  che l’aveva creato dal fango per farlo re del nuovo Eden. Il portaborse Matteo aveva usato tutti i modi della vecchia politica, compreso quello di deputato europeo assente perenne, tranne che il giorno della lauta busta-paga. E lui sarebbe il Nuovo…

Il giovanotto in giacca e cravatta con aria di inserviente aveva a poco a poco virato sulla t-shirt da scapestrato, facebook e twitter per infiammare la piazza. Argomenti facili e dal successo sicuro, i “negri” innanzitutto, poi  i rapinatori, gli scippatori, i ladri di galline, il diritto a farsi giustizia da soli, vade retro Europa. Il suo 17 per cento del 4 marzo scorso era sembrato un bel colpo, ma non risolutivo per il suo disegno. Bisognava aggredire il patrimonio grillino e l’operazione gli riusciva con la polpetta avvelenata per quella cozza vuota di Di Maio, che abboccava al Contratto e se ne faceva alfiere. Il napoletano andava avanti, ché al milanese veniva da ridere. Tempo tre mesi, e i sondaggi gonfiano le vele leghiste e sgonfiano quelle grilline.

Il ribaltone interno al governo ringalluzziva ancor di più il giustiziere di immigrati. Il quale assumeva per sé i simboli di Uomo del destino, o più modestamente di Poliziotto d’Italia. Smessa anche la t-shirt, Salvini si aggira travestito da poliziotto, con giubbotti militareschi che alludono al dittatore dello stato libero di Banana. Ma così conciato, non può neanche partecipare agli auguri di Natale al Quirinale, né può travestirsi da corazziere, vista l’altitudine dei corrazzieri veri. Mascherato da Poliziotto, fra una ruspa e l’altra, attacca il Papa, minaccia di tagliare i giornali non asserviti, il volontariato, dopo aver impoverito i centri di accoglienza e creato qualche decina di migliaia di nuovi clandestini col decreto sicurezza. Compresi i seicentomila che sarebbero stati rimpatriati il 5 marzo, spoglio elettorale ancora in corso.

Omesse tutte le altre nefandezze, per ragioni di spazio e perchè i lettori le conoscono meglio di me, la domanda che sorge spontanea è: ma Salvini ci è o ci fa? Credo che la risposta potrebbe venire da specialisti del settore, studiosi in grado di distinguere la messa in scena dai problemi psichiatrici. Chi studia da dittatore, in genere, qualche rotella mancante ce l’ha. Se un ministro dell’Interno preferisce giocare alle ruspe nel feudo Casamonica e ignora il funerale di un giovane italiano ucciso a Strasburgo dal terrrismo islamico, bé proprio a posto con la testa non deve stare. Meglio gli applausi per i morti di Genova. O forse, il Nostro Poliziotto ha soltanto la sindrome della soubrette: preferisce gli applausi facili alle pernacchie, che poi si va a cercare a pane e Nutella mentre Catania trema nell’incubo del terremoto. E allora, gli auguriamo un felice anno di pernacchie sonore e rumori simili, a maggior gloria dell’arrogante stupidità del potere con le palle.

A te e ai nostri amici lettori, caro Direttore, auguro per il 2019 quello che desidero per i miei figli. E cioè che per il Capodanno del 2020 Dio ci abbia liberato dalla peste gialloverde, e ci abbia perdonato i peccati che ce l’hanno meritata. Libera nos a malo.

Buon anno.

 

 


Articolo precedenteI segni e la comunicazione: cenni di semiotica
Articolo successivoUna squadra in una sacher
Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).