
STORIA DELLE OLIMPIADI. I GIOCHI A UN PASSO DAL BARATRO
Chicago fu la sede scelta dal CIO per ospitare i Giochi della III Olimpiade. De Coubertin volle disancorare la manifestazione dall’Esposizione Universale che nell’anno olimpico si sarebbe tenuta sempre in America, ma a Saint Louis, che celebrava i 100 anni dell’acquisizione della Louisiana da parte degli Stati Uniti. Si ripropose lo spettro spaventoso dello svolgimento delle Olimpiadi nel contesto dell’Esposizione, pericolo che il Barone subodorò, per il quale avrebbe fatto di tutto per preservare l’indipendenza e l’integrità del movimento olimpico, messo già a rischio da Parigi. Gli americani tenevano molto più all’Esposizione e i Giochi di Chicago avrebbero potuto minacciarne il successo. Meglio dunque tenerla tra virgolette sotto controllo. La decisione finale passò al presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, che si espresse per far disputare i Giochi nella città di Saint Louis.
Anche questa edizione fu spalmata su un tempo decisamente lungo, dal 1°luglio al 23 novembre, e oltre alle varie competizioni sportive, furono organizzate le vergognose “giornate antropologiche” che risultarono essere esperimenti aberranti, nelle quali le minoranze etniche si sfidavano in gare che de Coubertin definì “vergognosa pagliacciata”.
La lunga traversata oceanica non favorì la presenza delle rappresentative nazionali, che a Saint Louis si presentarono soltanto in 12 e la maggioranza degli atleti furono ovviamente statunitensi, che fecero incetta di medaglie. Un buon contributo alla causa fu dato dal pugilato, dove gli americani vinsero tutte le medaglie in palio. A proposito, Saint Louis introdusse le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo, forse l’unica nota positiva di un’edizione sicuramente al di sotto delle aspettative. Dicevamo dei successi americani, che perlomeno si distinsero per la qualità delle loro prestazioni. Raymond Ewry, ancora lui, the frog man, vinse altre tre medaglie nei salti da fermo nell’alto, nel lungo e nel triplo, riconfermando una superiorità già messa in chiaro a Parigi. Va ricordata la prestazione sui duecento di Archy Hahn che con il suo 21”6 sui 200 m stabilì un primato che sarebbe rimasto imbattuto per 28 anni. Questa volta Myer Prinstein non dovette badare ai precetti religiosi, che quattro anni prima gli avevano negato la finale nel lungo, vinto da Kraenzlein. Non solo vinse il lungo con la misura di 7,34 centimetri, ma concesse il bis nel triplo dove stabilì il record olimpico di 14,47 metri. Nel nuoto gli americani furono costretti a cedere il passo ai tedeschi, primi nel medagliere della vasca, o meglio del laghetto artificiale, dove si segnalarono anche le performance degli ungheresi. Negli sport di squadra l’oro nel calcio andò ai canadesi e debuttò la pallacanestro, ovviamente ad appannaggio degli americani che vinsero il torneo.
Infine la maratona.
Come avvenuto nella precedente edizione, la gara più lunga del programma olimpico non rimase immune da contestazioni e colpi di scena. Tra un cubano travestito da cowboy e un cane che assaltò pericolosamente alcuni corridori, spiccò per mancanza di spirito sportivo e disonestà Fred Lorz che tagliò per primo il traguardo, dopo aver percorso gran parte della gara seduto comodamente in automobile. Venne squalificato e così la vittoria andò ad un altro statunitense, Tom Hicks, che dopo essere quasi stramazzato a una decina di chilometri dalla fine, rinvenne miracolosamente grazie a un intruglio a base di stricnina e brandy, il primo caso di doping documentato della storia, ma non punito perché non ancora presente l’antidoping.
Gli americani chiusero la loro Olimpiade con 77 medaglie d’oro, 81 d’argento e 78 di bronzo, davanti alla Germania padrona del nuoto e alla sorprendente Cuba.
A Saint Louis il movimento olimpico conobbe il suo punto più basso e si mise in mostra l’incapacità da parte del Comitato Olimpico di liberarsi della pesante zavorra delle Esposizioni, che tormenteranno anche l’edizione del 1908 di Londra ma, come vedremo, i Giochi riuscirono a ritagliarsi la giusta importanza.
Va riferito delle Olimpiadi commemorative che furono celebrate ad Atene nel 1906, a dieci anni dalla prima. Pur non essendo più computate nel numero delle edizioni ufficiali, si fecero apprezzare per l’alto livello delle competizioni, con gli italiani che fecero la loro bella figura, con la sfida nel canottaggio tra il Bucintoro di Venezia e la barese Barion sul 2 con sui 1000 metri. Billy Sherring, canadese, vinse la maratona, nella quale un ventunenne emiliano abbandonò la gara mentre era primo, destinato di lì a poco, in virtù della sua sorte di eroe senza allori, a diventare una delle leggende di Olimpia, di cui parleremo abbondantemente nella prossima puntata.