Sono presenti in 5 continenti e in 40 nazioni in nome del pluralismo nell’insegnamento dell’economia. Per capirci di più ne abbiamo parlato con il coordinatore di “Rethinking Economics” dell’Università Cattolica di Milano.

“Rethinking  Economics nasce sostanzialmente da un disagio, quello di vedere buona parte del mondo occidentale cadere a pezzi a seguito della crisi finanziaria del 2007, e tuttavia nessuno disposto a ripensare il modello responsabile del collasso. È come se crollassero contemporaneamente tutti i ponti del mondo, e nessuno mettesse un minimo in discussione la teoria che ne regge la costruzione”. Ci spiega così Luca Ribatti, studente di economia, il senso della rete di cui è coordinatore all’Università Cattolica di Milano, appunto “Rethinking Economics”. “Il nostro motto è Il mondo cambia, le Università no. Siamo un network di econoscettici ormai presenti in 5 continenti e in circa 40 nazioni, e di anno in anno cresciamo”.

Parlaci di “Rethinking Economics Italia”

“Rethinking Economics Italia”, come l’associazione madre, si prefigge l’obiettivo di promuovere il pluralismo teorico, metodologico e multidisciplinare. Il primo riguarda l’allargamento della prospettiva dell’Economia ad altre scuole di pensiero, oggi completamente dimenticate dal mondo universitario. Il secondo riguarda gli strumenti d’analisi con i quali analizzare i fenomeni economici. Il terzo mira a trovare una sinergia con corsi di scienze sociali e di studi umanistici per risultare più efficaci nell’analisi. Un economista esce dall’Università con una formazione monolitica e dogmatica, relativa solo alla corrente “mainstream”, cioè quella neoclassica. Perde dunque importantissimi pezzi d’analisi di altre scuole, come quella classica, post-keynesiana, istituzionale, ambientalista, femminista, marxista e austriaca, per richiamarne alcune. Per citare il nostro manifesto basti immaginare un corso di laurea in storia dell’arte focalizzato solo sull’impressionismo, oppure un corso di scienze politiche che si concentri solo sul socialismo, e si potrà iniziare ad apprezzare i limiti di un tipico corso di economia. Se io vi dicessi che la pittura è solo impressionismo, voi mi prendereste per pazzo. Questo invece accade tutti i giorni nelle aule universitarie di economia.

Tu che ruolo hai all’interno dell’organizzazione?

Io ho l’onore, più che onere, di coordinare il gruppo studentesco dell’Università Cattolica di Milano assieme ad un altro ragazzo, che ormai è diventato un fratello.  Ho passato due anni di vita a leggere libri, restando tutte le volte interdetto e a tratti sconcertato. Erano testi che mi parlavano di modelli d’interazione teorici completamente scollegati dalla vita reale.  Leggevo e studiavo che l’uomo è “oeconomicus”, che non esiste alcuna asimmetria informativa tra corporazioni giganti e piccoli consumatori, che la diseguaglianza e la sperequazione sociale non sono poi un grande problema, che il profitto fosse l’unica cosa che in economia valesse la pena conseguire. Poi mi sono affacciato alla finestra e ho visto un mondo capovolto. Ho pensato che dovevo fare qualcosa e ho conosciuto questa bellissima famiglia. Oggi sto facendo la laurea magistrale, ma i libri continuano a dirmi lo stesso mucchio di fantasie, solo in maniera più articolata.

Come si declina praticamente la vostra azione?

Fondamentalmente noi della Cattolica andiamo in due direzioni: una auto-formativa e l’altra divulgativa. La prima mira alla “formazione alternativa” che noi stessi, insieme, ci prefiggiamo di ottenere. A tal fine, ad esempio, abbiamo organizzato un seminario sulla storia del pensiero economico, nel quale ciascuno di noi esponeva un grande autore o una grande scuola di pensiero agli altri. La seconda, quella divulgativa, mira a diffondere il nostro messaggio. Prendiamo alcuni temi, chiamiamo professori che sappiamo appartenere a più correnti accademiche e impostiamo un dibattito con diversi interventi. A livello nazionale poi, la nostra azione mira ad una riforma del curriculum universitario. Vorremmo cambiare la struttura dei corsi delle facoltà di Economia, incoraggiando l’uso di testi e strumenti d’insegnamento a supporto di un’offerta formativa pluralista e promuovendo la collaborazione tra diversi dipartimenti di scienze sociali nell’analisi dei fenomeni economici.

C’è una scuola di pensiero particolare, fra quelle “alternative”, che tenete come punto di riferimento?

La cosa bella è che tra noi trovi di tutto. Ognuno di noi, in cuor suo, è legato ad una certa corrente di pensiero. Nel gruppo della Cattolica, per esempio, non riesci a trovarne due con la stessa predilezione. Siamo super misti, che è proprio l’incarnazione del concetto di pluralismo. L’attività di Rethinking è finalizzata proprio a permettere ad uno studente di conoscere tante prospettive per poi decidere quale sposare. Oppure magari decidere di prendere alcuni pezzi di là e altri di qua. Prima di scegliere, però, è importante conoscerle.

Quali sono le vostre posizioni su Europa, Euro, Fiscal Compact? In che rapporto siete con la politica?

Rethinking Economics è completamente imparziale dal punto di vista politico ed economico.  Promuove un’idea diversa dell’insegnamento dell’economia e spinge l’accademia ad affrontare le sfide che la società odierna ci chiama a risolvere, attraverso multiple prospettive e strumenti. Questo è. Il resto concerne il pensiero personale di ciascun attivista. Il mio, sintetico e personale, è che un’Europa poggiata sul Fiscal Compact è destinata a crollare per sua stessa mano. L’austerità è la sigaretta in mano ad un malato di cancro ai polmoni.

Propositi per il futuro?

Oggi siamo presenti in 10 Università Italiane. La più a Sud si ferma a Roma. Io sono di Andria, in Puglia, e sento che questa è una piccola sconfitta per gli economisti o aspiranti tali, specialmente non mainstream, del Sud Italia. Per questo voglio fare un appello, soprattutto agli studenti dell’Università di Bari, che è quella più vicina a casa mia. Se siete econoscettici, se avvertite quella sensazione di disagio mentre state studiando dai classici manuali universitari, se notate una profonda discrasia tra la teoria e il mondo reale, io resto a completa disposizione per facilitare o promuovere la nascita di un “Rethinking Economics Bari”, ad esempio.


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"Andrea Colasuonno nasce ad Andria il 17/06/1984. Nel 2010 si laurea in filosofia  all'Università Statale di Milano con una tesi su Albert Camus e il pensiero meridiano. Negli ultimi anni ha vissuto in Palestina per un progetto di servizio civile all'estero, e in Belgio dove ha insegnato grazie a un progetto dell'Unione Europea. Suoi articoli sono apparsi su Nena News, Lo Straniero, Politica & Società, Esseblog, Rivista di politica, Bocche Scucite, Ragion Pratica, Nuovo Meridionalismo.   Attualmente vive e lavora a Milano dove insegna italiano a stranieri presso diversi enti locali".