Siamo tutti nella “rete”: proviamo a difendere la nostra libertà, di pensiero e di informazione

Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore», e Gesù rispose: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Luca 5,1-11

La pesca miracolosa raccontata nella parabola del Vangelo è, probabilmente, la più alta metafora divina giuntaci in dono. Raccogliere dalle profondità del mare le infinite ricchezze che Dio concede all’uomo è un gesto che va al di là di qualsiasi parola, sovverte i meccanismi della proprietà, il possesso a tutti i costi che annega nelle acque della compassione cristiana. Gesù ribalta le sorti lavorative di un peschereccio, capovolgendo, con esso, anche la rassegnazione di un pessimismo che, grazie alla fede, non ha ragion d’essere. Nulla esiste, neppure il male. Il passato non c’è più, si è dissolto nella nebbia, tangendo l’orizzonte di limpide speranze. Simon Pietro sa di aver dubitato, ma in quel momento non dubitava del Figlio di Dio, aveva semplicemente perso la trebisonda dei propri princìpi, quelli che alimentano lo spirito critico, ti caricano di un’energia rivitalizzante e ti abbandonano nelle burrascose onde di acque tornate succulente e gustose.

D’altronde abbeverarsi di vita è un diktat esistenziale. Tutto deve incuriosirci, navigare verso porti sconosciuti è il viatico per una conoscenza che spalanca le braccia al superamento dei propri limiti. Aver fame, però, non vuol dire necessariamente ingozzarsi. Parafrasando il Nazareno, bisogna pescare con oculatezza tra gli uomini, amare tutti, filtrando messaggi positivi, diventa necessario alla crescita interiore.

Oggigiorno, purtroppo, fruiamo inconsapevolmente, una sorta di fumo passivo che si insinua nei nostri sogni come un cancro che fagocita i pochi interessi culturali che ancora serpeggiano nel nostro organismo. Assorbiamo qualunque cosa. Forse, è anche per questo che nei primi anni ’40 hanno installato sui nostri tetti antenne, non a caso definite “paraboliche”.

Hanno pescato chiunque gli capitasse a tiro, hanno raccolto le anime degli italiani in un elettrodomestico dalle orecchie radioattive. Le hanno chiamate “reti” per incatenarci ad un destino già scritto: imbandire la tavola dei potenti. Noi, inerme pietanza nel travolgente banchetto di un eccessivo, avido e megalomane baccanale.

Noi come Simon Pietro, ci siamo accontentati di restare a galla. Seduti, ci hanno aspettato lungo la riva del fiume, hanno scorto il nostro cadavere passare tra i cespugli dell’indifferenza, hanno sguazzato in una pozzanghera, sudicio conflitto di interessi, gocce di un oceano dalle svariate influenze, ops: affluenze, istmo di scorciatoie o secchi “canali”. Tre piattaforme nelle mani di un solo uomo, Sua Emittenza!

Ci hanno tolto la libertà di stampa, difendiamo la nostra libertà di pesca!


Fontewikimedia.org
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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.