«Basterebbe avere

la pazienza

e la pace bionda

dei campi di grano,

il loro consenso

alle grazie mobili

del vento

e delle luci»

(Christian Bobin)

Fine anno. Tempo di bilanci, attese, promesse. Tempo di speranza, a dispetto di ogni disillusione. Sembra ieri quando eravamo alla vigilia del temutissimo millennium bug: ora siamo a pieni piedi nel terzo millennio e un altro anno scivola via. Resistere al tempo non è il modo migliore per attraversarlo.

Caro lettore, adorata lettrice,

hai presente tutti gli sforzi per cancellare il tempo? Il corpo lo estenuiamo con diete, palestre e trattamenti di bellezza, dai più naturali ai più artificiosi e dagli effetti talvolta raccapriccianti. L’anima – o in qualsiasi altro modo tu voglia chiamarla – a volte la curiamo, in altre proviamo a distrarla, a “di-vertirla”: a portarla fuori centro, a volgerla altrove, nella illusoria speranza che basti guardare da un’altra parte per evitare di finire sotto a un treno.

E invece il treno del tempo non si arresta. Ci siamo sopra e corriamo verso il nuovo anno: «Auguri, auguri! Felicità! Quest’anno sarà migliore…».

Non illudiamoci. Non abbiamo alcuna certezza che il tempo che viene sia migliore di quello passato. Abbiamo, questo sì, la certezza di avere sempre meno tempo da vivere. Il che non significa, necessariamente, una cattiva notizia.

Ti immagini vivere due o trecento anni? Mamma mia! Non ci voglio pensare. Artrosi galoppante, pelle flaccida, demenza senile: e sono queste le ipotesi migliori! No, grazie. Preferisco vivere. E morire quando sarà il mio giorno. Magari sperando, perché no, in un giorno migliore.

Preferisco Cristicchi:

«Non cercare un senso a tutto perché tutto ha senso
Anche in un chicco di grano si nasconde l’universo
Perché la natura è un libro di parole misteriose
Dove niente è più grande delle piccole cose».

Proprio così. Sottoscrivo. Basterebbe la saggezza di un chicco di grano, che asseconda la sua legge, sino a diventare farina e pane sulle nostre mense. Basterebbe la bellezza delle messi bionde, mature abbastanza da cadere docili sotto la falce.

Basterebbe la voce delle cose mute, quella delle piccole cose, come canta Fabi:

“una somma di passi, che arrivano a cento,
di scelte sbagliate, che ho capito col tempo…».

Caro lettore, adorata lettrice,

presumo ti saresti aspettato un caffè diverso per i saluti di fine anno, perdonami se ho in uggia tutte le frasi melliflue e di circostanza. Perdonami, se non so farti auguri speciali.

Sai, son fatto un po’ così: un poco storto, anche troppo, e con poche intenzioni di cambiare. Anche se ha di nuovo ragione Cristicchi: «Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro».

E Saba, prima di lui:

«Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco».

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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...