Intervista con Saverio Colasuonno, referente del Comitato per il NO al referendum costituzionale del 20 e 21 settembre.

Anche se non si parla d’altro che di elezioni comunali e regionali, tra meno di due settimane saremo chiamati ad esprimerci sul Referendum per la riduzione dei parlamentari. In cosa consiste la riforma costituzionale sulla quale saremo chiamati ad esprimerci il 20 e 21 settembre?

Il 20 e 21 settembre saremo chiamati ad esprimerci sulla modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in merito alla riduzione del numero dei parlamentari. In caso di vittoria del SÌ, dalla prossima legislatura il Parlamento sarà composto da 400 deputati, anziché 630, e da 200 senatori invece di 315.

Una delle motivazioni più forti a sostegno della riforma è il taglio dei costi della politica derivanti dalla riduzione del numero dei parlamentari, ma il fronte del NO ritiene quest’ultimo un argomento marginale, perché?

La questione dei costi è uno dei grandi inganni di questa Riforma. Il risparmio di 100 milioni di euro all’anno, millantato dai promotori del SÌ, non trova riscontro nelle stime effettive che parlano di un risparmio decisamente inferiore. Si parla di circa 80 milioni di euro, al lordo delle tasse che ogni parlamentare corrisponde e che comunque rientrano allo Stato. A conti fatti, il risparmio effettivo è quasi la metà di quello annunciato, quantificabile in poco meno di 1 euro all’anno per cittadino. Certo, i soldi non crescono sugli alberi, ma vale la pena risparmiare un caffè all’anno a scapito della Democrazia?

Che danni ci sarebbero per la Democrazia?

La diminuzione di deputati e senatori comporterebbe uno stravolgimento nella rappresentanza parlamentare. Anche in questo caso sono stati sbandierati numeri diversi, che mirano a confondere i cittadini. Tutti i paragoni che vedono l’Italia con il rapporto elettori/eletti più alto tra i Paesi dell’Unione europea, mettono a confronto il nostro intero Parlamento con quello degli altri Stati. Questo è assolutamente sbagliato. La composizione e le funzioni delle due Camere sono profondamente diverse da uno Stato all’altro, perciò l’unico confronto che si può fare è quello tra la nostra Camera dei Deputati e le altre Camere “basse”. Il dato che emerge è incontrovertibile: diventeremmo di colpo il Paese con la peggiore rappresentatività tra tutti quelli appartenenti all’Unione europea (1 deputato ogni 151mila elettori).

Ma i rischi peggiori riguardano la nuova distribuzione dei parlamentari nei singoli territori, che penalizzerà in proporzione le regioni più piccole e del Sud Italia, restituendo la fotografia di un’Italia diseguale anche sotto il profilo della rappresentatività politica.

È possibile che partiti con una percentuale non indifferente si ritroverebbero senza parlamentari in alcune parti del territorio?

Assolutamente sì. Ci sono regioni del Centro-Sud come l’Abruzzo, l’Umbria, la Basilicata e la Calabria che vedranno diminuire la propria rappresentanza di eletti al Senato anche del 57% rispetto al precedente assetto. Con una riduzione di questa entità, non basterà soltanto superare la soglia di sbarramento legale per portare i propri rappresentanti in Parlamento, ma si creeranno delle soglie di sbarramento “naturali” che premieranno solo i grandi partiti. Si stima che in alcune delle Regioni citate sopra, servirà addirittura superare il 20% per poter eleggere un proprio rappresentante al Senato. Questo è contrario al principio di tutela delle minoranze che è alla base di ogni Democrazia, ma anche senza voler scomodare i nostri Padri Costituenti possiamo tranquillamente affermare che una tale previsione è contraria anzitutto al buonsenso.

Con la riduzione del numero dei parlamentari cambierà l’equilibrio tra poteri dello Stato? È vero che senza una modifica della legge elettorale esistente si rischia di non garantire una adeguata rappresentanza dei cittadini?

È da diversi anni, in realtà, che osserviamo un equilibrio precario tra i poteri dello Stato. Il Parlamento è sempre più soggetto alle ingerenze dei Governi, che legiferano a suon di Decreti legge e ricorrono sempre più spesso, e in maniera impropria, all’istituto della “fiducia parlamentare”, svilendo di fatto il ruolo legislativo dell’organo che dovrebbe rappresentare la volontà popolare. Con la Riforma, e senza una revisione della legge elettorale, queste dinamiche diventeranno sempre più ricorrenti e il Parlamento si limiterà ad essere, nei numeri, una mera appendice del Governo. Con buona pace non solo delle minoranze, ma della Democrazia stessa.

Parlando della riforma, un taglio lineare come questo, slegato da una complessiva riforma istituzionale, può consentire poi al Parlamento di funzionare meglio?

La questione dell’efficienza del Parlamento è un altro cavallo di battaglia dei sostenitori del SÌ. Il principio secondo cui meno si è a decidere e meglio si lavora ci ricorda forme di governo che il nostro Paese ha scelto di abbandonare anni or sono. Guardando ad oggi, non è dato sapere in che modo un minor numero di parlamentari potrebbe lavorare meglio e più speditamente. Al più, una maggiore efficienza potrebbe legarsi alla qualità degli eletti, e della classe politica in generale. Argomento legittimo, ma che nulla ha a che fare con la riduzione dei Parlamentari, quanto piuttosto con una legge elettorale che permetta effettivamente ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti senza che questi vengono decisi solo dalle segreterie di partito.

Quali sono, dunque, le ragioni del NO?

Gran parte delle forze politiche sta accuratamente evitando il dibattito su questo tema, anche e soprattutto a causa dell’impostazione mediatica che si è data sin dal principio al quesito referendario. Chi sostiene le ragioni per votare NO viene automaticamente tacciato di voler difendere le poltrone e non voler ridurre i costi della politica. Questo, a nostro parere, sta scoraggiando qualsiasi tipo di dibattito su un tema molto più articolato di quanto lo si voglia far apparire.

Oltre a quelli già detti, tra i motivi per votare NO, il primo è proprio questo: serve iniziare a rifiutare questo modo di ragionare, questa tendenza a semplificare qualsiasi tema del vivere comune, a voler ridurre qualsiasi dibattito in slogan per ingraziarsi l’opinione pubblica, anche quando in ballo c’è un tema così delicato. Le Riforme Costituzionali sono una cosa seria, non si possono caldeggiare sull’onda dell’anti-politica e non possono lasciare irrisolti così tanti nodi fondamentali che riguardano la qualità della nostra Democrazia, quindi ciascuno di noi.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...