Bisogna decidere chi di noi due deve morire per primo. Se io o lei”. A dirlo fu Tommaso Buscetta durante l’interrogatorio di Giovanni Falcone

”Il Traditore”, film scritto e diretto da Marco Bellocchio, e prodotto da Rai Cinema, IBC Movie, Kavac Film e 01 Distribution, è, infatti, uscito nelle sale italiane lo scorso 23 maggio, proprio nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci quando, nel 1992, perse la vita, fra gli altri, il magistrato antimafia Falcone, appunto. Inutile sottolineare come la data scelta per l’anteprima nazionale abbia suscitato polemiche, evidenziate, soprattutto, dalle parole di Giovanni Montinaro, figlio di Antonio Montinaro, caposcorta del giudice.

A rispondere sui social ci ha pensato l’interprete di Buscetta, l’attore italiano Pierfrancesco Favino, che ha definito la pellicola una sorta di ”commemorazione”. Al di là delle sterili diatribe, però, il biopic, presentato al Festival di Cannes, unico italiano in gara per la Palma d’Oro, traccia una linea maginot fra giustizia e crimine.

La figura di Buscetta, detto ”Don Masino”, sembra vagare nell’etere fra un Continente e l’altro. Si divide, infatti ,fra la rispettabilità di un uomo d’affari, Roberto Felici, residente in Brasile, e l’assassino di Corleone. Identità, le sue, mal celate dietro debolezze ed istinti suicidi, una vita vissuta in fuga dal suo passato, galleggiando sulle acque di un benessere effimero, latin lover d’onore e padre assente alla morte dei suoi due figli per mano dei sicari di Riina.

La prova di Favino è esemplare, sublima tutte le atroci caratterizzazioni di Cosa Nostra, plasmandosi nelle forme anarchiche di un ”pentito” che svela, per la prima volta, lo schema piramidale del Male, un collaboratore di giustizia sui generis, fiore di loto immune dalle nefandezze di un Maxi Processo lungo, ma forse, poco risolutore, un’epifania di verità scandita da numeri progressivi che preannunciano morte e dolore. Il plot intreccia le epoche. Un andirivieni di eventi legati dallo stesso filo conduttore: la tragedia.

La sceneggiatura è a cura dello stesso Bellocchio, insieme a Ludovica RampoldiValia SantellaFrancesco PiccoloFrancesco La Licata. I dialoghi sono credibili, valorizzati da un siciliano stretto, un dialetto la cui inflessione rimanda ad un messaggio in codice, parola d’ordine di un patto di sangue.

”Il Traditore” ferisce lo spettatore senza mai annientarlo del tutto, lo stritola nella morsa della vendetta, facendo riecheggiare barlumi di quell’indipendenza cinematografica tanto cara ai critici del red carpet francese. Le musiche di Nicola Piovani accompagnano una climax sonora sospesa nel limbo di note suadenti che attraggono per accarezzare diabolicamente.

Buscetta canta, metaforicamente e non, perché non può fare altrimenti. Si sente diverso dai vari Riina, Badalamenti, Bontate, Liggio, Calò e Contorno (Luigi Lo Cascio), respira redenzione solo di fronte allo sterminio della propria famiglia, rammenta l’affiliazione da soldato semplice ricorrendo agli stereotipi etici di un omicidio sventato da un bimbo che fa da scudo al suo papà, in un mix di metodicità e inganno, ingredienti di un perfetto cocktail mortale da sorseggiare come un veleno letale, aggirando un destino ai piedi di un letto tanto anelato, tomba di segreti sepolti sotto la polvere di un’incurabile malattia, innocenti lenzuola sporcate, per dirla alla Peppino Impastato, da una…”montagna di merda”!


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

1 COMMENTO

  1. Sono incuriosito dal film e da come rievochera’ una storia tutt’altro che scontata. Buscetta stette a Cosa Nostra come Falcone stette allo Stato. Due uomini “grandi”, univocamente “diversi” ma resi “ugualmente” sacrificabili. Quella frase di inizio testo e riportata dagli atti ne è la prova.

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