«Per ogni adulto che non ricorda di essere stato bambino, ce n’è uno che non è mai cresciuto e pretende di saper crescere gli altri»

(Acca parla a de Saint Exupery)

Una mia amica ha una sorella psicologa, fra le migliori e coscienziose che io oggi conosca.

Questa psicologa, da ragazzina, faticava ad affrontare certi discorsi di persona e allora scriveva delle lettere a sua sorella. Le chiedeva di confrontarsi così, pregandola di non parlarne di persona, onde affrontare meglio limbarazzo.

Bene, il buongiorno si vede dal mattino. Quella ragazzina, che oggi è una persona seria e per bene, non si affidava a mezzi di fortuna social per buttare fuori i suoi dilemmi: a suo modo andava dritta al sodo, solo attraverso un altro mezzo, ma senza mai disperdere le forze o fare pubblicità occulta.

Quelle erano lettere di carattere privato e personale, fra lei e sua sorella. Punto.

Riflettiamo, perché stiamo vergognosamente superando la soglia delladultescenza: non si comunica attraverso i social nella speranza di far arrivare carezze o frecciate a qualcuno non meglio definito.

È una forma di comunicazione passiva, spesso passivo-aggressiva, che è deleteria, oltreché segno di un buon grado di pavidità e di un altro grado di diseducazione al riconoscimento ed al rispetto dell’altro, nonché di sé stessi. Lo vedo accadere ogni giorno e sempre più pericolosamente fra persone che tecnicamente hanno superato da un pezzo i 18 anni.

In altri termini, popolo Qadosh, esiste una soglia oltre la quale non si può andare e quella soglia, che ci piaccia o no, in queste cose è dettata dalla nostra età.

Io ho detto che i miei figli a 13 e 16 anni fanno parte degli adolescemi, ma cosa posso pretendere di diverso se è la generazione che va dalla metà degli anni ‘60 ad oggi ad essere adultescema?


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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.