Di cui l’Occidente farebbe bene a non compiacersi…

Mosca riprende con calcolata calma la sua vita quotidiana, dopo giorni di incertezza e paura. I battelli che portano i turisti ad ammirare le bellezze della Capitale hanno ripreso a lavorare e si affacciano con una certa punta di timore sul Cremlino, in questi giorni al centro delle attenzioni di tutto il mondo, laddove il suo più noto inquilino, Vladimir Putin, è rimasto in silenzio fino a ieri, quando ha parlato alla nazione dopo i fatti ormai noti, che hanno portato alla ribalta il capo della Vagner, l’esercito di mercenari, Evgenij Prigožin.

Il ribelle Prigožin, noto ai più con il soprannome di Chef del Cremlino per via delle sue attività di ristorazione e per la sua amicizia, rinnegata verrebbe da dire, con Vladimir Putin, aveva marciato fino a Rostov sul Don, la città più vicina al fronte ucraino, impossessandosi dei distretti militari.

Il suo vero obiettivo era quello di arrivare fino a Mosca e marciare sulla città che intanto si preparava al peggio, con manovre quasi di napoleonica memoria. Il capo della Vagner da tempo criticava l’operato del ministro della difesa Shoigu e alcune decisioni del Governo.

L’intero Paese è caduto nel terrore di un colpo di Stato che sarebbe potuto sfociare in una guerra civile.

L’inevitabile narrazione del caos, che aveva già fatto ricordare i precedenti storici del secolo scorso, allorquando la Russia era impegnata nella prima guerra mondiale e conobbe la Rivoluzione d’Ottobre, si è bloccata a 200 km da Mosca e Prigožin ha voluto, a detta sua, evitare un inutile spargimento di sangue e preservare i suoi uomini.

Pare sia stata decisiva la mediazione di Lukašenko, presidente e padrone della Bielorussia, che avrebbe fatto riparare in Russia Bianca l’amico ribelle del Presidente che intanto spariva dai radar, facendo partire le insinuazioni sul luogo in cui si era rifugiato.

Il caos aveva risvegliato dal torpore Blinken che con le sue dichiarazioni cercava di inserirsi tra le crepe che egli stesso annunciava: “La crisi in Russia rivela crepe nel sistema di potere di Vladimir Putin” (FONTE ANSA). Borrell, alto rappresentante per la politica estera dell’UE parlava più o meno con gli stessi termini della difficile situazione: “Il mostro creato da Vladimir Putin con la guerra in Ucraina sta agendo contro il suo creatore. Questo è il momento di sostenere Kiev più di ogni altro momento ed è un bene che l’Epf sia rimpinguato con altri 3,5 miliardi. La guerra sta incrinando la forza militare russa e sta mettendo in crisi il governo: ora una potenza nucleare come la Russia potrebbe affrontare un periodo d’instabilità e dobbiamo prendere in considerazione questo scenario” (FONTE ANSA).

E rieccoci quindi alle solite, con la dialettica della guerra ucraina a fare capolino, che sul tema del mancato golpe russo fa segnare l’appoggio della Cina a Putin e le reazioni dei leaders europei, pronti ad offrire l’incondizionato appoggio a Zelensky e compagnia bella che da parte loro ovviamente hanno gongolato per la situazione russa.

C’è poco per cui gioire e gli analisti di politica internazionale e gli esperti di politica russa fanno notare che in questo momento il caos a Mosca potrebbe creare non pochi problemi non solo interni, ma anche internazionali. Il rischio di una frammentazione nel Paese è alto e gli eserciti più o meno privati, vedi quello ceceno, potrebbero un giorno rivoltarsi contro il potere, avendo già il precedente del ribelle Prigožin. E allora sarebbero guai perché questi gruppi potrebbero impadronirsi di alcune testate nucleari e provare a giocare al Dottor Stranamore.

Sembra uno scenario già visto, nel quale l’Occidente  fa la parte del poliziotto buono con il fuorilegge che questa volta ha una taglia bella grossa, oltre che un vero mandato di cattura internazionale, la cui destituzione potrebbe aprire scenari ben noti, come Iraq, Afghanistan e Libia: sappiamo com’è finita.

La storia insegna, gli uomini dimenticano. La Russia attualmente appare un pantano, o forse meglio dire, fanghiglia che rischia, per ricordare le difficoltà che trovò ai tempi la Wehrmacht, di ingolfare i lenti cingolati della diplomazia della politica internazionale. Importante rimettere in gioco la mediazione che resta in mano a pochi e deboli interpreti, uomini di buona volontà che cercano di venire a capo di un conflitto che conosce la cocciutaggine di quel pantano in cui è impelagata.

Immagino che anche oggi un battello sia passato a lambire lo sguardo del Cremlino che lo guarda distratto, attraverso gli occhi spauriti e disorientati del suo più noto inquilino, che se l’è vista brutta e che forse ha perso la sua granitica e infallibile certezza di leader assoluto, mentre la Moscova ribolle nel suo intimo per l’incertezza di un futuro che si fa fosco e più che mai incerto, lasciando nella maggior parte degli  occidentali un sinistro senso di compiacimento che potrebbe ben presto mutarsi in qualcosa di assolutamente pericoloso e lesivo.