È indubbiamente vero, come fanno notare gli esperti, che “stiamo vivendo la peggiore crisi dei rifugiati dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Forse perché una guerra mondiale in effetti si sta combattendo, anche se il suo epicentro questa volta non è l’Europa. Centinaia di migliaia di persone negli ultimi mesi hanno abbandonato le proprie terre disastrate, nel tentativo di raggiungere l’UE, generando così un flusso sostanzialmente inarrestabile.
La politica in questi casi si interroga cercando di trovare delle risposte adeguate, ma ancora di più, specula. È il caso di esponenti di partito quali Matteo Salvini. Questi, usando “sapientemente” il fenomeno migratorio per fini propagandistici, e facendo leva su ancestrali paure dell’uomo come quella verso ciò che è “diverso”, è riuscito a riportare il suo malconcio partito su percentuali degne. Ovviamente ce l’ha fatta presentando agli elettori una realtà tutta funzionale alla sua narrazione, facendo finta di ignorare elementi che la sconfessano platealmente.
Ad esempio, uno dei punti sui quali il segretario della Lega Nord torna ogni volta che può, sono le politiche di integrazione dell’Italia. Per lui sono politiche folli che andrebbero dismesse al più presto, colpevoli di portare la nazione al fallimento. Bisognerebbe ispirarsi dunque a quelle di altri Paesi dove tutto funziona e la vita scorre ordinata. Quello che Salvini tace invece è che le politiche d’integrazione italiane non sono affatto male. Per fortuna a misurarle esiste un indice, il MIPEX, e le sue rilevazioni sono state presentate a giugno.
Nella ricerca, grazie a 114 indicatori, si sono misurate le politiche d’integrazione di 38 Paesi: tutti quelli europei più Australia, Canada, Islanda, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, Svizzera, Turchia e Stati Uniti. L’Italia si è posizionata tredicesima, ottenendo un punteggio complessivo di 59 su 100. “Il punteggio dell’Italia resta pur sempre molto al di sopra del valore medio dei 28 paesi di UE (che è di 51 punti) ed è sostanzialmente allineato con il punteggio medio dei 15 paesi che formavano l’UE prima dell’allargamento del 2004 (60 punti)”, si spiega nel rapporto. Nello specifico, gli ambiti in cui le politiche italiane eccellono, sono quelle riguardanti “riunificazione familiare”, “residenza di lungo periodo”, “salute”. Quelle in cui difettano invece “scuola e formazione” e “antidiscriminazione”.
Altro punto cardine della retorica salviniana è quello riguardante la sicurezza. È un punto rimasto centrale nell’ultimo periodo in conseguenza dei fatti di Catania, nei quali un profugo ha ammazzato due anziani in casa loro. Certo il fatto è stato orribile, destinato a lasciare traccia nel tempo, ma quello che Salvini tace è che gli stranieri nelle carceri italiane non sono mai stati così pochi. Il loro numero continua a calare dal 2007. Il rapporto ISMU svolto sui dati del Ministero della Giustizia dice che al 30 giugno 2015 gli stranieri nelle celle italiane erano il 32,6% (17207 detenuti), il 5% in meno rispetto al 2007.
Le nazioni più rappresentate nei penitenziari nazionali sono la Romania (2893 detenuti), il Marocco (2831), l’Albania (2379) e la Tunisia (1850). È invece trascurabile la presenza di cinesi e filippini, pur essendo le loro comunità molto radicate nel nostro Paese. I reati prevalenti imputati ai carcerati restano quelli contro il patrimonio, contro la persona, reati di spaccio e prostituzione.
“È chiaro che la gente non ne può più e allora giustamente s’incazza” concluderebbe a questo punto Salvini. Ennesimo strumento retorico del segretario del Carroccio: ergersi a interprete di un sentimento diffuso così da sperare di diffonderlo davvero. Quel che Salvini tace però è che, per fortuna, gli Italiani mostrano molte meno pulsioni razziste di quanto lui speri. Un recentissimo sondaggio commissionato all’IPSOS da ISPI e Rai News 24 dimostra chiaramente come gli Italiani stiano dimostrando lucidità pur in un contesto tanto complicato. Certo, oggi il 38% dei connazionali considera l’immigrazione la minaccia più grave per l’Italia, mentre a dicembre solo il 16% lo faceva, tuttavia il rischio più incombente rimane la crisi economica (40%) e soprattutto a questo pericolo percepito non seguono reazioni xenofobe.
La politica europea sull’immigrazione è giudicata negativamente dall’89% degli intervistati, tuttavia non per i motivi che si potrebbero immaginare ad una prima lettura. Per il 56% del campione, infatti, le politiche della Merkel volte ad aprire le frontiere sono un esempio da seguire e bisognerebbe non limitarle ai siriani. Di contro, il 66% giudica negativamente le azioni di Orbán in Ungheria. Queste percentuali risultano ancora più stupefacenti se si pensa che nel giugno 2014 solo il 16% si diceva pronto ad accogliere rifugiati. Ancora, alla domanda se sia giusto che il Papa esorti ogni parrocchia ad accogliere almeno una famiglia di profughi, il 70% risponde di sì perché la Chiesa non può rimanere indifferente e può essere da sprone al Governo. Lo stesso vengono giudicati positivi al 62% gli aiuti dei cittadini austriaci e tedeschi ai rifugiati.
Sarebbe ingenuo pensare che chiunque analizzi qualcosa non lo faccia dal suo particolare punto di vista, accogliendo alcuni aspetti e tacendone altri. La cosa curiosa però è che quel che Salvini tace sono spesso i dati reali, ovvero quelli da cui partire per analisi ragionevoli e soluzioni efficaci. Se si omette la realtà, si omette la ragione e, diceva Goya, “il sonno della ragione genera mostri”. Nuovi mostri, buoni per la TV.