Che cosa sono i legami se non un atto creativo di memoria?

Nella casa della vita svolte inaspettate alimentano attese che, tuttavia, non guariscono mai da ciò che manca ma è proprio nelle cose irrisolte, nei frammenti da recuperare che la filigrana del tempo acquista spessore e avvicina alla verità.

Appassionante la lettura del romanzo “Quasi” dell’eccezionale Teresa Antonacci, edito da Les Flaneurs e sequel del precedente “La dodicesima stanza”.

Teresa ha il pregio di creare microcosmi d’umanità che inducono il lettore a leggere d’un fiato le pagine dei suoi scritti lì dove si annega volentieri nel mare aperto di ogni anima indagatrice al di là di ogni diversità.

Alina, la protagonista, in un freddo mattino s’imbatte in Nicola, un uomo che attira la sua attenzione nello stesso modo in cui avverte che il mare la chiama.

Lì dove il terreno è fecondo, in un déjà-vu di stridenti emozioni, le mille sfumature dei ricordi sublimano la sostanza delle cose.

Che cos’è l’amore se non un tempo di incontri e coincidenze che scandiscono la vita stessa? È la ricerca delle somiglianze ad accentrare fotogrammi di bellezza tentando di scalzare i dubbi assiepati oltre il muro a secco.

Ci si sente un po’ denudati quando la vita stupisce cogliendo in flagrante; la verità è che l’amore non ha mai una direzione certa e ci sono cose che non si dimenticano mai perché non c’è spugna in grado di cancellarle.

La nostalgia aggredisce e suggestiona, tuttavia i colori così come le folate di vento abbracciano e confortano.

Nicola assomiglia molto al marito morto e ad Alina sembra di tornare ad armeggiare col passato allungando il suo riflesso nel presente.

La bellezza è un cenno d’immediata sintonia, una stretta di mano che indugia, un corto d’aria in cui si annaspa quando oltre l’orizzonte lo scambio dei pensieri val più di ogni parola.

È strano quando le nuvole sembrano capovolgersi tra cielo e acqua e di sottecchi l’imperfezione del mondo riprende esattamente quella perfetta di fiacche onde sgomitanti.

La curiosità, le prime impressioni, le risposte maneggiate con cura per recuperare, tutto colpisce così come il bellissimo bed and breakfast di dodici stanze in cui vive Alina.

Nicola ne resta ipnotizzato e il mare al di là del vetro è la migliore cartolina ipotizzabile.

Perché allora un’ansia strana addosso mentre Sara sfarfalla e il tempo si consuma nell’attenzione?

La solitudine può essere una fonte di guarigione o un treno in corsa che solleva abiti, polvere , capelli, pensieri. Quando vuole, la vita vera si lascia ritrovare da sola proprio su vie distratte.

Alina e Nicola nel fazzoletto di un tempo aperto e tra squarci di corti desideri restano avvinti centellinando con meticolosa costanza le emozioni.

L’autrice delinea perfettamente in ogni suo libro le persone autistiche, protagoniste delle sue storie, per esorcizzare la paura, creare attenzione e dare speranza.

Allungando la mano il lettore percepisce le cose con altri occhi perché è la capienza dello sguardo a mutare prospettiva e ad accompagnare, complice e senza imbarazzo, ogni scoperta.

Nella pancia del silenzio una visibile stanchezza gonfia il cielo di nuvole. Ma… come cade un fronte nuvoloso? Com’è che l’ordito della storia spezza la tensione e riprende a raccontare?

Basta la partenza di un attimo a recuperare le memorie di una vita in un aggregato di corsa e di sosta, di casualità e disegni predestinati.

La vita va oltre ogni sbalordimento, lascia a piedi e ritrova gli occhi nel cuore, appare, scompare, entra maleducata ed esce impunita.

Ogni relazione impasta la bocca di tanta vita ma cosa si è disposti a fare davvero per amore?

C’è un tempo per pensare e un tempo che deve necessariamente scegliere, c’è un tempo conscio e uno inconscio tra capo e collo che sfila dal mucchio le certezze e si stringe addosso come vampa di febbre.

C’è un tempo che raccoglie e uno che appoggia sulla prima spalliera che trova cielo sereno e tempesta indugiando su varie inquadrature e imprigionando la luce naturale per non rabbuiarsi troppo presto.

L’autrice ci insegna che dopo ogni mezzogiorno e ogni sera in un misterioso e infinito universo la prossimità del pensiero è la stessa dell’amore: cambiando il passo e le righe, fermando gli odori, plasmando gli umori, è quasi mattina e tutto riemerge.


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Angela Aniello è nata a Bitonto nel 1973, si è laureata in Lettere classiche e dal 1998 insegna nella scuola secondaria di primo grado. Da tempo si dedica alla scrittura come vocazione dell’anima. Ha pubblicato nel 1997 il racconto “Un figlio diverso” edito da Arti Grafiche Savarese e, nel 2005, ha pubblicato anche una raccolta di poesie dal titolo “Piccoli sussurri” edito da Editrice Internazionale Libro Italiano. Ha vinto il concorso nazionale Don Tonino Bello nel 1997 e nel 2004, ha conquistato il secondo premio a un certamen di poesia latina, Premio Catullo ad Acerra (Na) e nel febbraio del 2006 è arrivata il suo quarto premio al concorso di poesia d’amore Arden Borghi Santucci. Quest’anno (precisamente a giugno 2018) ha vinto il terzo premio di poesia e il primo premio per il racconto “Anche la paura puzza” al Concorso “La Battaglia in versi”.