«L’unico modo di scoprire i limiti del possibile è di oltrepassarli e finire nell’impossibile»

(Arthur Clarke)

È verosimile quel che mi gira intorno oppure è realtà? È una domanda che mi pongo nella mia insicurezza, dacché ho perso fino all’ultimo filo di cognizione tra i tanti rintocchi di campane e dai moniti, opachi e lamentosi, che mi giungono da “minareti” immaginari? È una forma di stordimento, la mia, oppure è un risveglio non atteso ma che si porta appresso l’incubo di una nottata scomposta? Sebbene non mi aspetto nulla che non abbia già avuto o vissuto, posso sempre mettere in aspettative, non desiderate, l’imprevisto.

Soggiacere alla volontà di un Pincopallino, il primo che si usa incontrare mettendo qualche passo fuori soglia, a meno che non te ne bussa qualcuno alla porta, non è che sia un evento piacevole, né atteso. Ma non è che uno si possa scegliere l’andazzo desiderato e che ci sia poi un “qualcuno” che glielo ponga in essere come sperato, senza che questi non si ritenga, poi, utopico. Programmare l’intenzione e metterla in atto significa avere i mezzi adatti, come l’attitudine, lo spirito e la determinazione. Se poi entra a darti una mano la “Fortuna”, meglio ancora: questo vorrà dire che l’imprevisto non considerato nell’intenzione, era già scontato, era già compreso.

Se le cose andassero sempre così, come vorremmo, non ci sarebbe motivo di arroventarsi il cervello, inventandoci nuovi stratagemmi per raggiungere i nostri fini. Ma ciò vale solo per coloro i quali usano abnegazione e spirito di lecita impresa e non certo per coloro i quali s’industriano la giornata per fregare il prossimo: i così designati parassiti. Però, dapprima di far uso di parametri immaginari e restare, in un certo qual modo, nel vago, è meglio precisare che i pesi morti, le zavorre umane, i parassiti sono sempre esistiti, anche nel mondo animale e vegetale. Al momento opportuno, serve solo l’attenzione di riconoscerli e di scansarli, a meno che non si tratti di mere, ben collaudate zecche. Negli ultimi tempi, quelli che assumano “vesti” da dittatori (dettatori) che nell’antica Roma assumevano tale incarico e lo mantenevano per solo sei mesi, mentre oggi l’asciano l’impegno (giammai incarico) alla fine della loro vita: sia questa avvenga in modo naturale, per malattia, per accidenti vari, oppure per brutalità.

C’è un Ente incorporeo che mette il limite ad ogni cosa: lo fa con tale “saggezza” da toglierne ogni minimo dubbio. Per ognuno di noi esiste un “pentagramma”, dove poter scrivere la propria “musica”, eccetto quella funebre, nel giorno della dipartita. L’ostinazione a non voler apprendere la lezione dalla Storia, a volte, è pari a quella di volerci redimere imprecando contro il Destino. Quest’ultimo non è altro che la conseguenza dei nostri stessi comportamenti.

La prova di forza adoprata dall’uomo sull’uomo si misura, più che coi muscoli, con l’intelligenza. I cannoni non servono a chiarire i contrasti ma ad abbattere ponti che sono stati costruiti con l’intelligenza, appunto. I ponti, finché restano intatti, mantengono l’orditura essenziale a costruire l’ordito di una convivenza pacifica. Abbattere questi legami è come rompere gli ormeggi quando si prevede mar di burrasca, col rischio di andare alla deriva e affondare nelle nostre stesse azzardate, stupide, inconsistenti convinzioni. Facciamo pur scorrere questi nostri giorni a costruire intese e lasciamo che i “ponti” già colleganti le diversità delle nostre vedute non vengano abbattuti, aggrediti: sopraffatti dal “mastino” innato che è dentro di noi e bruscamente scosso dal suo rilassante torpore.


FonteFoto di Markus Spiske su Unsplash
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.