Mai come oggi il bisogno di pace è diventato un’aspirazione di base: la pace intesa non come resa incondizionata, ma come frutto che scaturisce da un’attenta riflessio­ne e meditazione sul vissuto di tanti, guardando oltre gli orizzonti an­gusti di certe meschinità umane, dove si fa fatica a contempla­re la fortezza degli umili e l’umiltà dei forti.

Il preambolo della costituzione dell’UNESCO recita: “Poiché le guerre cominciano nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che si devono costruire le difese della Pace”. Prima dei grandi conflitti mondiali e locali, ci sono le guerre personali che portano sofferenza a noi e agli altri a causa delle forti tensioni mentali: aggressività, paura, ansia, stress, egoismo, gelosia, invidia, odio, insoddisfazioni profonde che cercano compensazioni. Poiché ogni nostro atteggiamento è guidato da un preciso stato interiore, solo le persone interiormente forti e nobilmente propositive non hanno la necessità di essere violenti per imporsi.
La pace è quindi uno stato interiore: è un risultato che non si otterrà mai con le soppressioni di un qualsivoglia fattore esterno o avversario, ma con una perfetta armonia tra l’interno e l’esterno… lontano da certi comportamenti schizofrenici di stampo casereccio che poco hanno di nobile, ma tanto di utilitaristico; contro un indurito pessimismo della ragione o una lettura razionalistica della realtà, c’è l’ottimismo della volontà e di chi ama quell’impegno che sfida ogni ragionamento stri­dente. È qui che le ferite prodotte dall’offesa si rimarginano e i vincoli infranti dal legalismo si sal­dano di nuovo: una simile pace implica una spiritualità che parla anche a chi non crede o a chi non sa di credere “…se la vostra giustizia non su­pererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5,20).
“Occorre una grande fantasia – diceva Gianni Rodari – per immaginare cose che non esistono an­cora, … per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per co­struirlo”. Albert Einstein a tal proposito scriveva: “Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone perché porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. Chi su­pera la crisi supera se stesso… Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e i suoi disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni”.
La comunità deve ritornare ad essere il luogo educativo per eccellenza dove adulti e ragazzi ap­prendono l’arte della sintesi, senza la quale tutte le esperienze rischiano di schiacciare e confonde­re le persone, invece di farle maturare. Qui, poi, per tornare a sorridere con la semplicità dei bam­bini, è da sconfiggere soprattutto la solitudine, quale luogo in cui si radica la violenza; così quando saremo vecchi solo i nostri occhi di bambino potranno illuminare il crepuscolo.


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Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.