Si chiude la seconda edizione della Primavera Pedagogica il cui successo appare certificato non soltanto dai numeri…

Tempo di bilanci per la Primavera Pedagogica, la cui seconda edizione è andata in archivio lo scorso 9 giugno con la proiezione de “L’estate che verrà – Storie di un’altra scuola possibile”, di Claudia Cipriani, ospite della serata, con la sala 1 della Multisala Roma gremita dal pubblico ormai consolidato di questa rassegna che appare sempre più necessaria.

L’atmosfera è tutt’altro che quella da ultimo giorno di scuola: nonostante l’estate oramai reclami il suo posto, nella sala cinematografica è ancora la Primavera a farla da padrona, almeno nella sua declinazione educativa, scolastica, Pedagogica appunto.

Lo strumento per parlare di buona scuola questa volta è il cinema documentario. L’estate che verrà è il ritratto di alcune scuole pubbliche molto diverse da quelle tradizionali e che stanno portando avanti una rivoluzione, necessaria ma ancora sconosciuta. È il racconto di un anno intero trascorso in tre scuole, di tre gradi diversi d’istruzione e di tre luoghi diversi del Paese: la prima è una scuola elementare milanese chiamata “Senza zaino”, perché i libri restano a scuola. Qui le lezioni iniziano nell’“agorà”, uno spazio dove, seduti su cuscini, i bambini e la maestra si danno il buongiorno, raccontano come si sentono e provano a capire insieme cosa si farà durante la giornata. Poi, c’è una scuola media a Pontenure, provincia di Piacenza, dove gli studenti seduti in gruppo su grossi pouf colorati creano testi interattivi con i tablet. Dopo, si siedono intorno a un tavolo, tra vetrini e microscopi, per la lezione di scienze, e se c’è bel tempo fanno l’ora di lettura in giardino. Al pomeriggio lavorano in classi di età mista e modellano insieme la creta o intagliano il legno. La terza scuola è un istituto agrario di Salerno, dove gli studenti lavorano la terra e studiano sui libri nel tentativo di preservare e rilanciare il proprio territorio, in una regione martoriata da ecomafie e speculazioni.

«Nel film – spiega Claudia Cipriani – si vede come, tra molte difficoltà e una cronica mancanza di fondi, insegnanti, studenti e genitori portano avanti scelte coraggiose, controcorrente, e realizzano una scuola alternativa a quella più tradizionale, un luogo dove far germogliare piacere per il sapere e autonomia di apprendimento, dove si lavora in gruppo e si è aperti alla diversità. Un modo di insegnare e imparare che non punta solo a rinnovare la didattica ma che cerca di creare una comunità di persone che collaborano, discutono e affrontano insieme i problemi dell’imparare, del crescere, del convivere. Pur essendo ambientato quasi esclusivamente nelle aule e negli spazi dove si insegna/impara, L’estate che verrà diventa un viaggio, appassionante e ironico, lungo l’Italia, lungo le stagioni dell’anno e lungo i sentieri che partono dall’infanzia, attraversano l’adolescenza e arrivano all’età adulta. Ci sono scuole che con tanta fatica stanno portando avanti una piccola rivoluzione in primo luogo a livello didattico, ma anche a livello sociale, visto che il ruolo della scuola è rivisitato e reso più vivace».

Un documentario girato nella scuola pubblica perché, come spiega la regista, l’istruzione deve essere di tutti, «ed è l’unica cosa che può far sì che una persona non diventi un suddito, ma possa pensare con la propria testa».

E così con i titoli di coda del film se ne va anche la seconda edizione della Primavera Pedagogica il cui successo appare certificato non soltanto dai numeri, più che confortanti, relativi alla partecipazione di pubblico, ma, soprattutto, dalla rinnovata consapevolezza che l’educazione è davvero una scienza del possibile, in cui competenza, creatività, innovazione e determinazione si mescolano per dar vita a pratiche ed esperienze di “buona scuola” replicabili e raggiungibili.

L’appello finale alla collaborazione, lanciato delle tenaci organizzatrici e rivolto a quanti possano in futuro contribuire in qualsiasi modo alla crescita di questa esperienza, svela, qualora ce ne fosse bisogno, la natura sociale e comunitaria di questa Primavera Pedagogica che profuma già di nostalgia.