I personalismi aggressivi tornano sempre utili a chi governa

Elucubrazioni sul presente… L’imbattersi continuamente in “muri di gomma”, quando a domanda corrisponde costantemente il mutismo, viene da chiedersi: chi ci comanda? Questa non è una provocazione; forse si tratta di una disperata ricerca di certezze. Se di fatto siamo in mano a qualche troika, forse è bene saperlo. E se così fosse, sarebbe interessante capire quando è stato deciso e da chi…

Purtroppo le nostre convivenze stanno diventando sempre più autoritarie, e le nostre vecchie libertà sono sempre più in pericolo. Senza questa consapevolezza sarà difficile invertire la rotta. Mancano i leader; l’autorevolezza è latitante; i maestri sono pochi e poco ascoltati. Per ridare speranza bisogna avere un orizzonte alto, che vada oltre, capace di rendere densi i nostri giorni terreni, svincolandosi con uno strattone dal clima di umiliante provincialismo e di inconsistente pettegolezzo, che mortifica la comunità e fornisce cibo a corvi mai stanchi di sorvolare sul letamaio degli umani, dove l’intelligenza è in pericolo di morte.

Ci sono soggetti che sanno parlare il linguaggio della franchezza, e, se motivati, possono battersi per il bene comune con garbo ed educazione. Costoro sanno usare bene lo zoom e in positivo; sanno cioè mettere a fuoco i vari problemi, consci che qualcosa di profondo va cambiato: serve disponibilità al dibattito, idee e coraggio ad ascoltare, diversamente la forza bruta degli eventi provvederà ugualmente.

In questi ultimi anni siamo stati soggetti ad una mutazione genetica: al posto della solidarietà ci siamo imbevuti di individualismi, ed al posto dell’etica abbiamo collocato la logica della managerialità; e questo a fronte di esorbitanti investimenti con capitali provenienti da chissà quali benefattori, per chissà quali intenzioni, capitali che difficilmente, nel giro di pochi anni, rientreranno come introiti.

Occorrerà superare i personalismi e ricorrere ad un certo grado di mediazione tra le diverse componenti. Ma, in un vuoto di autorevolezze e in un’assenza di autorità, i personalismi aggressivi tornano sempre utili a chi governa. Tutto ciò è inoltre aggravato dalla persistente incapacità degli uomini dell’istituzione a ridefinire il proprio compito e a rapportarsi correttamente con le altre aree di impegno comune; cioè ad interagire in modo costruttivo anche con chi ha idee ed esperienze diverse. Purtroppo la visione “debole” dell’autorità porta il tutto a naufragare.

La dignità umana è inviolabile in se stessa e non è un mezzo per raggiungere un’altra vita o un transito per altre vite!

È importante essere presenti, “accanto” e “per” gli uomini, religiosamente definiti “fratelli”, nella complessità della realtà. Imparare ad esserci senza semplificazioni, ma anche senza rinunciare a prendere posizione, a denunciare, laddove il condizionamento istituzionale, l’ingiustizia, la paura, il poco coraggio o l’attaccamento a false verità troppo duramente sfigurano le persone e la loro storia.

Diffamazioni non smentite da chi di dovere diventano “verità di regime”, che hanno indotto gente a sopportare una condanna senza proces­so come avviene, ahimè, nei peggiori regimi totalitari.

Ogni contestazione contiene un seme di profezia; ogni denuncia è un annuncio: c’è chi prende le distanze da certe istituzioni per un bisogno di autonomia e di libertà e c’è chi non trova spazi e riconoscimento, attestando così che la profezia diventa afona, se si sottrae al confronto/incontro, poiché essa non è un fatto “privato” né si esaurisce nel dogma creduto, ma deve tradursi in comportamenti concreti.

Quindi non l’invidia, né lo spirito di rivalsa, né la mentalità “complottistica” garantiscono il futuro, ma gli ideali a cui ci si consegna, secondo una logica che resta incomprensibile solo a chi, per sua sfortuna, non si è mai imbattuto con la libertà del cuore e la gratuità.

Occorre urgentemente riscrivere “fogli profetici” che narrino, in un orizzonte di infinito, le gioie e i dolori, le preoccupazioni e le speranze di cui si avverte una lacerante nostalgia capace di dare speranza a chi vive la diaspora silenziosa nelle stesse comunità, spesso troppo frettolosamente considerata una comoda scelta di disimpegno.


1 COMMENTO

  1. Buona sera. Che dire? Se più gente pensasse e scrivesse come Lei, la profondità della cultura e della moralità contano, si potrebbero coniugare i verbi “imparare” e “insegnare”.
    I poveri, oggigiorno, sono coloro cui non interessa aver indossato un vestito pulito senza essersi prima lavati.

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