Intervista al chitarrista Edoardo Pieri

Ospite di Fucina Domenica, lo scorso 19 novembre, Edoardo Pieri ha inondato gli spettatori con maree di note soavi ma frastornanti al tempo stesso. Catapultati nel mistero degli oceani, i presenti hanno provato emozioni di mondi sconosciuti, terre che uniscono idealmente lo stile orientale e quello occidentale, un mix di culture avvolte dalla confertevole e calda bandiera giapponese. Con il placet della padrona di casa, Mirella Caldarone, abbiamo avvicinato Edoardo per fare due chiacchiere e renderci conto di trovarci al cospetto di un artista maturo e pragmaticamente onirico.

Ciao Edoardo. Pur essendo ancora giovanissimo, la tua impostazione classica ci trasporta verso scenari apparentemente anacronistici. In che modo la tua adolescenza piemontese è stata indotta ad intraprendere questo percorso, alquanto desueto per la tua età?

È vero, tanti miei coetanei, anche alcuni amici, considerano l’impostazione classica anacronistica. Dico sempre che è a mio avviso l’unica impostazione completa in termini musicali: può giovare anche se poi ci si indirizza verso altri lidi… Io stesso quando da bambino mi sono avvicinato alla chitarra l’ho fatto perché in casa mia giravano dischi dei Pink Floyd, King Crimson, Genesis. Quando però, dopo i primi anni di impostazione allo strumento (ho iniziato che avevo 4 anni), sono cresciuto e ho scoperto la bellezza del repertorio classico per le sei corde sono rimasto folgorato. Questo non significa che non ascolti altri generi musicali, anzi! C’è da dire che non sono cresciuto a Torino: sono di Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca (Toscana) e mi sono trasferito a in Piemonte dopo il Liceo. Quando ho finito le superiori mi si è posto dinnanzi un gran dilemma: università o musica? Avendo frequentato il Liceo Classico, mi sarebbe piaciuto studiare Filosofia o Lettere Antiche… Però già dalla IV superiore (dunque un anno prima della maturità) ero diplomato in Conservatorio (a Torino, da privatista) per cui ho deciso di perfezionarmi e di scoprire quale fosse il livello più alto cui potevo aspirare di arrivare con lo strumento. Credo che nei prossimi anni comincerò a frequentare una facoltà universitaria. Credo che il Recital Toward the Sea, che sto portando in giro per l’Italia da Giugno (sono anche in contatto con diverse società americane), rappresenti ciò che sono adesso musicalmente: sono in grado, grazie a questo intenso percorso di crescita, di progettare un concerto che abbia valenze sinestetiche e metaforiche, che – soprattutto – sappia far tornare a casa chi viene ad ascoltarlo con qualche domanda in più che ronza in testa (suggerita da uno spunto musicale o tratto dal repertorio). La musica scelta e posta in programma, di per sé, non può lasciare indifferenti in tal senso. Le atmosfere lambite – non uso a caso questa parola – sono davvero particolari! Il filosofo Adorno riteneva che l’arte dovesse essere fortemente impregnata di senso critico, soprattutto da parte del fruitore. L’ascoltatore di un concerto, ad esempio, non può sedersi comodo e limitarsi ad ascoltare, deve chiedere, pensare, viaggiare e tornare a casa più ricco! Questo concerto è un viaggio metaforico, non solo in termini geografici, ma anche in termini spirituali. Per questo dico che mi rappresenta fortemente, c’è tanto di me stesso dentro!

Lo spettacolo a cui abbiamo assistito sabato è un omaggio al compositore giapponese Toru Takemitsu. Toward the Sea (Verso il Mare) è una citazione del titolo di una composizione che Geenpeace commisionò, nel 1981, al nipponico a favore della salvaguardia delle balene. Oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, credi che la musica mantenga una sorta di funzione sociale?

Non solo credo che continui a mantenere questa funzione, credo proprio che debba continuare a farlo! Certo, non tutte le opere hanno questa connotazione, ma è comunque compito dell’artista odierno essere impegnato anche nel sociale (soprattutto coi tempi che corrono). Un artista è un privilegiato perché può veicolare il proprio pensiero verso molti, sarebbe troppo pavido se non sfruttasse questa opportunità! Il brano specifico, Toward the Sea (che poi dà il titolo al progetto), per una terra come il Giappone, stato in cui la caccia alle balene è un problema nefasto, è davvero un caposaldo e non è un caso che sia stato commissionato proprio a Takemitsu, un giapponese appunto. È un peccato non poterlo eseguire in concerto sabato, ma gli interessati potranno trovarlo nel disco (registrato con un flautista) che porterò con me e potrò distribuire a fine concerto.

Il mare che armonizza Takemitsu è metafora di ricerca, meltin’ pot di culture che, intrecciandosi, danno vita a nuovi stili, scevri da ma, al contempo, colmi di contaminazioni orientali e occidentali. Può questa allegorica ma sensoriale navigazione mandare un messaggio di pace a chi ha la presunzione di voler dividere attraverso l’arte?

Certamente! E questo è uno dei motivi per cui questo progetto mi sta tanto a cuore. Questo recital diventa un messaggio di pace tra popoli e tra culture, di abbattimento ogni sorta di barriere… Questo perché Takemitsu in sé rappresenta la stessa cosa: per questo è un compositore così importante, un unicuum.

Le melodie di Takemitsu sembrano sfiorare l’Impressionismo. Simili a testi letterari, le sue epoche rievocano insoliti tratti poetici. L’impronta filosofica dei suoi lavori è riscontrabile in qualche musicista moderno?

Takemitsu stesso è stato fonte di grande ispirazione per numerosi compositori. All’interno del programma di Toward the Sea ci sono due brani che nascono da qualcosa che il Maestro giapponese ci ha lasciato: mi sto riferendo al brano di Annachiara Gedda e a uno dei miei due brani, L’anima non si nasconde. Nel brano di Annachiara, Takemitsu è presente come ispirazione, soprattutto – a mio avviso – nelle sezioni più liriche; nel mio brano è presente vivamente con un inciso tratto dal primo movimento di All in Twilight (suo brano, anch’esso in programma) che si scompone di sezione in sezione, cambiando drasticamente e generando frasi del tutto diverse tra loro: il lavoro è infatti molto eterogeneo e a tratti quasi jazzistico. Takemitsu fu spesso ispirato da fattori esterni – naturali e non: dipinti, spettacoli naturali… Per questo i suoi titoli sono spesso molto evocativi. Prendiamo come esempio ancora una volta All in Twilight – Nel Crepuscolo: a ispirare Takemitsu è un elemento naturale! Credo che soprattutto nel 1900 Contemporaneo la tematica che genera un’opera, la fonte d’ispirazione dunque, abbia un valore ambivalente: è input generatore e filo conduttore al contempo! Questo – adesso posso fare parallelismi con altri generi musicali a me cari – avviene anche in numerosi Concept Album italiani e non. Mi vengono in mente Mondi Sommersi dei Litfiba (toscani come me) – album ispirato all’elemento Acqua – o certi capolavori della storia del Prog. come The Incident dei Porcupine Tree, Scenes from a Memory (pt. 2) dei Dream Theater o Hand Cannot Erase di Steven Wilson, ispirati interamente a fatti di cronaca moderna… Una storia che compositivamente parlando si auto-genera e auto-alimenta dall’inizio alla fine! Mi piace pensare che accada lo stesso durante il viaggio che Toward the Sea descrive e propone: ogni meta toccata – ogni costa lambita – stimola a intraprendere una nuova avventura!

Progetti futuri?

Il tour di Toward the Sea continuerà ancora per qualche mese. I prossimi appuntamenti saranno a Bologna e a Torino, poi – come detto – spereremo tutti assieme che i contatti presi con alcune società americane siano fruttuosi. Contemporaneamente (e immediatamente dopo) lavorerò duro per chiudere (finire di registrare) due dischi che ho cominciato a incidere quest’estate: il primo conterrà un integrale delle musiche per chitarra di Davide Ficco, già docente di chitarra presso il Conservatorio di Cuneo e autore di musiche di straordinaria bellezza e valore; il secondo conterrà il mio programma da concerto, una sorta di biglietto da visita musicale, con al suo interno almeno un brano per ciascun periodo storico (Rinascimento, Barocco, 1800, Novecento Storico e Novecento contemporaneo). Sto lavorando inoltre come ricercatore di testi storici, elaborando una futura pubblicazione di un manoscritto inedito del 1500 per liuto. Non posso aggiungere altro per ragioni concorrenziali, ma posso dire che si è rivelato un lavoro molto interessante che sto cominciando ad amare e che non escludo possa regalarmi un risvolto importante in futuro, dal punto di vista di un’evoluzione artistica e professionale personale. Fatto ciò, ordinerò il mio archivio, che vanta molte composizioni che mi sono state dedicate e che mi piacerebbe registrare: i compositori che le hanno scritte lo meritano perché sono davvero in gamba! Inoltre, con la compositrice torinese Annachiara Gedda, già vincitrice di numerosi concorsi di composizione, stiamo lavorando a un’edizione dei suoi Studi Contemporanei per chitarra (titolo provvisorio), con CD annesso. Elencare tutti questi progetti mi ha fatto riflettere su quanto ci sia da studiare… Non c’è tempo da perdere dunque, corro!