
“In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.” (Mt 11, 25-26)
La domenica, è proprio vero, ha un sapore diverso dagli altri. Squillano a festa le campane, i venditori ambulanti si contendono a suon di urla clienti per vendere castagne, arachidi, pistacchi e lupini, uomini e bambini girano per i vari bar di fiducia, dai quali escono tronfi con vassoi di pasticcini incartati e decorati. I ragazzetti girano vestiti a modo per le strade della città, facendosi belli agli occhi di ragazzine vanitose. Se la settimana ha i suoi ritmi, le sue abitudini, la domenica si ha un po’ di tempo in più e anche il cielo ha un fascino diverso.
Tanti bambini gioiosi si riversano sui sagrati delle chiese, giocano con le cartellette del catechismo, corrono dai loro genitori con ampi sorrisi.
È domenica, oggi. Mi ritrovo seduto in una delle file centrali dei banchi della cattedrale di Molfetta in cui sto per vivere la celebrazione eucaristica. Nelle prime file tanti fanciullini aspettano impazienti l’inizio della funzione: nell’attesa si prova qualche canto, alcuni ridono, chiacchierano, dondolano le corte gambe penzoloni per scandire il tempo che non passa mai.
Le prime note di una chitarra e le dolci vocine dei piccoli mi indicano che la Santa Messa è iniziata. Cantano, chi un po’ più addormentato, chi allegro, chi invece batte di nascosto le manine. Mi sento strano, rimango incantato ad ammirare quel mistero dinanzi a me. La semplicità di quelle loro anime pure, fresche si sta spalancando davanti ai miei occhi e si sta incarnando nella dolcezza di quegli sguardi. Senza paura, senza tentennamenti esprimono le loro emozioni, nella libertà di chi ha bisogno di dire qualcosa di sé.
È il momento dell’omelia: il celebrante, gioioso, fa le solite domandine ai piccoli per aiutarli a ripercorrere la pagina del Vangelo letta, ed eccoli alzare le mani per rispondere! Niccolò, il sapientino, Miriam, la dolce bimba sorridente, Gabriele, timidone, provano a rispondere ai quesiti del don, per me elementari. Eppure vederli sforzarsi, per penetrare con la mente e con il loro piccolo grande cuore la pagina del Vangelo, sono davvero di grande esempio.
E penso che, in fondo, è questo l’atteggiamento che il Signore ci indica come la via per la conoscenza: imitare la teologia, la sapienza dei piccoli, accostarsi con apertura di cuore al Mistero e trovare una risposta, e dirla fieri a tutti, a gran voce.
Certo, voi direte che oggi siamo cresciuti e non c’è più il prete che ci chiama al microfono per rispondere alle sue domande elementari. Oggi la vita, a noi adulti, ci interpella con l’esperienza, nuda e cruda e non ci lascia scampo: un terremoto che non finisce più devasta il Centro Italia, pochi mesi fa due treni ad Andria si sono sfracellati l’uno sull’altro, uomini kamikaze compiono stragi in nome di un Dio assurdo, e noi in un modo o nell’altro siamo tentati di gridare: “Perché?”. Talvolta siamo addirittura tentati di dire di smetterla di fare i bambini, gli sciocchi e che bisogna crescere, perché la “vita vera” non è per i piccoli.
No, amici lettori, la “vita vera” – se proprio così vogliamo chiamarla – non è per le persone che credono di averla già capita! Un bimbo non sa, e quando non sa approfondisce e scopre, perché spinto a un desiderio, uno stupore, il taumazein di aristotelica memoria. Va in fondo ai propri bisogni perché sa che quello è il modo per essere pienamente sé. L’adulto stolto è colui che non si lascia prendere, non si lascia catturare, e con un “cuore freddo e matematico”, come Lucio Dalla direbbe, calcola tutto se stesso e la realtà attorno a sé, credendo oramai di conoscere tutto e con aria di saccenza non si accorge che la vita gli sta passando proprio sotto il naso.
Essere piccoli, amici miei, è diverso da essere infantili. La seconda espressione significa essere illogici, la prima è invece una scelta di semplicità. Quella semplicità non sciocca, ingenua, capace di squarciare il velo delle illusioni e giunge dritto al cuore delle cose. Ogni cosa, ogni volto cela dietro di sé qualcosa che ci prende, ci riguarda, interpella la nostra vita, come meravigliosamente Montale scrive in Maestrale: “[…] tutte le immagini portano scritto: «Più in là»”.
Santa Teresa di Lisieux, poco prima di morire, disse: “Me lo dico con una grande pace, senza tristezza. È così dolce sentirsi deboli e piccoli.”
Perché è nella piccolezza che si nasconde il cuore di tutto, sapendo di essere sempre abbracciati da Qualcuno di più grande…