«Il vero coraggio, Malaussène, è ridiscendere a valle. Smazzarsi l’Uomo, ecco il sacrificio supremo!»

(Daniel Pennac)

Sto ultimando la lettura di uno dei romanzi di Daniel Pennac, questo dissacrante e straordinario autore contemporaneo che ha la capacità di spiazzare chi lo legge, dilatandone gli orizzonti.

Devo dire che il romanzo che ho praticamente ultimato (mi mancano dieci pagine: giusto il tempo della “buonanotte” questa sera…) non mi ha esaltato: Daniel mi aveva abituato ad altro e quando si educa il palato a sentori raffinati è difficile accontentarsi della sufficienza.

Ma ecco che, quando la lettura stava per essere derubricata dal livello del sublime a quello del “così e così”, mi sono imbattuto in una Perla (con la P rigorosamente maiuscola) che, in ordine crescente, vale da sola il prezzo di copertina, la fatica della lettura, il tempo della mia vita che ho dedicato alle pagine di Daniel e che mai più mi verrà restituito.

La Perla: il vero coraggio è smazzarsi l’Uomo, ridiscendere a valle e smazzarsi l’Uomo.

Sublime, questo sì. Punto.

Sufficiente a riempire di senso una vita. Qualcuno, dicono, ne ha colmato una Croce. Lo chiamavano, e chiamano ancora, povero Cristo. Per i più è morto e ciao ciao. Altri non hanno mai smesso di attenderlo.

Ah, già che ci sono, un paio di settimane fa per i cristiani ricorreva la festa liturgica di “Cristo Re”, quella che anticipa l’inizio dell’Avvento. Ecco, della regalità non ho saputo trovare una definizione più illuminante di questa, c’è voluto uno spretato che la scrivesse, Eugen Drewermann: «È re non chi ha autorità sulle persone in virtù del suo potere, bensì colui che con la sua vicinanza è fonte di felicità; egli dispone come fosse naturale di tutto il ‘potere’ che una persona possa mai avere su un’altra, ma possiede tale potere proprio perché non intende rivendicarne per sé alcuno. Ciò che egli vuole, se è veramente re, è soltanto promuovere la vita dell’altro».

Sublime eddue (con la doppia d). Punto.

Cosa voglio dire?

Che ci sono persone, le più belle, capaci di vincere quando perdono e perdonano, felici quando riescono a sostenere la vita altrui. Cuori magnanimi, non hanno paura di smazzarsi l’Uomo, che leggono con la U maiuscola quale che sia la sua condizione e specie se risulta essere la più abietta e indigente.

Sono uomini e donne che amano gli sventurati, perciò si battono contro la sventura. A costo di pagarne il prezzo, in prima persona.

Persone che accettano e vanno avanti, pur consapevoli che nulla sarà più come prima.

Persone di cui abbiamo estremo bisogno: diffondono luce, per il solo fatto di esserci, proprio quando la notte è più scura.

Persone che respirano e rimandano battiti d’empatia.

Persone in grado di ripetere ad un passante sconosciuto le parole di Wisława Szymorska: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore».


FonteImmagine di copertina: designed by Eich
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...