Gli animali sanno riconoscere il loro padrone, mentre Israele non riconosce il suo Signore

Sappiamo che da quando è stato inventato il presepe, con san Francesco, da subito sono stati inseriti il bue e l’asinello, pur non essendo mai citati nei vangeli dell’infanzia. In realtà sono citati solo in un vangelo apocrifo definito “pseudo-Matteo”, scritto in latino tra l’ottavo e nono secolo.

Il capitolo 14 del testo apocrifo così afferma: “Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: *Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore*. Gli stessi animali, il bue e l’asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo”. 

In realtà nella Bibbia, il bue e l’asinello sono citati insieme una sola volta, come riprende il testo apocrifo, dal profeta Isaia al primo capitolo, versetto tre, del libro omonimo.
Se si legge il contesto, il Signore, dopo averli citati, invoca guai e sciagure per il suo popolo. Il testo così afferma: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende. Guai, gente peccatrice, popolo carico d’iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono voltati indietro” (Is 1,3-4).

Dal contesto la lamentela di Dio è fondata sul fatto che gli animali sanno riconoscere il loro padrone, mentre Israele non riconosce il suo Signore. Mettere dunque il bue e l’asinello nel presepe significa affermare che gli animali riconoscono Dio nel bambino Gesù, mentre gli uomini non l’hanno riconosciuto.

Questa profezia di sciagura di Isaia, purtroppo, rischia di essere vera proprio nel segno del presepe. Lo sanno bene coloro che hanno un cane, dal quale sono subito riconosciuti al loro ritorno a casa, ma non di rado possono essere dimenticati da parenti e amici. Quante volte si rischia di aspettare di tutto al Natale e di dimenticare il protagonista? Non è un caso che il bue e l’asinello, nella iconografia orientale, richiamano i popoli pagani che Gesù l’hanno riconosciuto, come gli animali il loro padrone, a differenza di Israele.

Il mistero del Natale è mistero di rifiuto ancora oggi, come bene esprime il prologo di Giovanni: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11). Lo stesso Giovanni afferma subito dopo che chi accoglie Gesù diventa Figlio di Dio.

Facendo il presepe dunque, al di là della presenza del bue e dell’asinello, possiamo affermare il rifiuto della luce nella nostra vita, come è stato rifiutato il bambino a Betlemme, oppure la sua accoglienza che ci rende suoi fratelli, compartecipi della vita divina che ci viene offerta in dono. Per vedere il vero presepe possiamo guardare all’altare, sul quale il figlio di Dio entra nella stalla della nostra umanità per renderla la più bella cattedrale.

Beati coloro che riconoscendolo potranno nutrirsi di lui, come il bue e l’asinello, con il loro padrone. Sarà veramente Natale se, come gli animali riconoscono il loro padrone, anche noi sapremo riconoscerlo nella Parola, nel pane di vita eterna e nel sacramento dei poveri.