“Non ci fidiamo più l’uno dell’altro. Vediamo agguati dappertutto. Il sospetto è divenuto organico nei rapporti col prossimo, il terrore di essere ingannati ha preso il sopravvento sugli istinti di solidarietà che pure ci portiamo dentro. E il cuore se ne va a pezzi dietro i cancelli dei nostri recinti”
(don Tonino Bello)
Leggevo qualche giorno fa una delle tante opere preziose che ci ha lasciato il grande e indimenticabile don Tonino Bello, quando per caso mi sono fermata sulla frase che si legge in apertura. L’ho riletta più volte perché non mi sembrava vero quanto fosse drammaticamente autentica, attuale e in piena linea con quanto stiamo vivendo in questo momento storico.
E già perché credo che questi giorni venga spontaneo a molti “imbattersi” negli innumerevoli post, proclami, video, selfie (più o meno guardabili), minacce, promesse utopiche (che si smentiscono da sole nello stesso momento in cui vengono pronunciate)… della serie “vediamo chi la spara più grossa” o meglio ancora “vediamo dove riescono ad arrivare”.
Chiarisco subito: non ho intenzione di entrare nel merito politico: anche perché francamente, nella bagarre di ‘sti giorni, di “politico” nel senso più alto ed autentico del termine c’è davvero molto poco.
Riflettevo piuttosto sulla tremenda degenerazione e sulla deriva di quel dono fantastico che abbiamo e che si chiama “comunicazione”. Ero intenta appunto a leggere e ad ascoltare le diverse affermazioni urlate (non solo per i toni usati), ripetute, sottolineate sempre con aggressività ed arroganza…s empre con contenuti offensivi e mai, dico mai, costruttivi, che hanno magari il solito ritornello “prima noi!!! prima i nostri!!!…” (pronomi personali, che è vero sono grammaticalmente collocabili, ma che nel contesto argomentativo in cui vengono utilizzati, nonché nella tempistica, assumono di volta in volta valenze differenti). Ed ecco che, per caso, il mio udito viene piacevolmente rapito dal ritornello: “Pensa. Prima di dire, di giudicare prova a pensare che puoi decidere tu; resta un attimo soltanto un attimo di più con la testa tra le mani”.
Certo, i miracoli sono convinta che esistano davvero se sappiamo coglierli nelle piccole e nelle grandi cose, e infatti il ritornello di una canzone, che in genere viene ricordata con tristezza perché rimanda a momenti brutti, a scelte devastanti, a “belle persone” che a prezzo della loro vita ci hanno regalato insegnamenti profondi, è riuscito a “distrarmi” da quella lettura che mi stava nauseando e che mi stava facendo sprofondare in un vortice di “botte e risposte” sempre più brutte e aride: quel ritornello (volutamente privato della frase “prima di sparare”), mi ha illuminata “distraendomi” piacevolmente da quelle letture.
Illuminata perché come dicevo la comunicazione è una cosa grandiosa che non può essere utilizzata “a getto continuo”, a “mitragliate”, a “parla tu prima che ti sovrastino con le loro parole”… La comunicazione ha un’alta valenza pedagogica e formativa e “di contatto tra persone”, ma solo se non dimentica che il suo primo passo è prendersi un attimo, prima di “mitragliare con le parole” per ascoltare, per ascoltarsi, per pensare come costruire insieme “Pensa… prima di dire… resta un attimo…”: è questione di attimi, ma francamente non è un problema di tempo, quanto di “volontà di comunicare” e, ancora prima, di ascoltare e di riflettere.
Dovremmo davvero ritrovare, come diceva don Tonino Bello, il nostro “istinto di solidarietà” che non può essere sparito perché è insito del nostro “essere umani”. Dovremmo cominciare a ritrovarlo a partire dalla voglia di comunicare con l’altro come essenza fondamentale della nostra umanità e, perché no, magari cominciamo riscoprendo quanto ci hanno insegnato coloro che, “facendo politica” nel senso più profondo del termine, si sono messi a servizio e sono stati (per chi ha avuto la fortuna e la voglia di ascoltarli e di studiarli) davvero dei grandi maestri di comunicazione e di vita. Un esempio?
Eccolo: “Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo” (Aldo Moro).