Con papa Bergoglio le periferie hanno conquistato “il palazzo”, auspicandoci ora che i vecchi abitanti del “palazzo”, possano andare in periferia e immergersi, come in un nuovo battesimo, per riassaporare la vita nel su grande pensare libero … senza paure e senza reticenze là dove si sperimentano emotivamente e criticamente i burrascosi cambiamenti nell’ambito sociale, economico e soprattutto antropologico. E’ da qui che gli interrogativi cruciali partono liberi, senza essere filtrati e senza timori riverenziali. E’ qui che si incontrano estasi e sogno, terra e cielo; è qui che la comunità cristiana è chiamata a riscoprire la contemporaneità critica della propria fede dove la Chiesa non è la roccia autosufficiente nella risacca, che ha pronta una risposta per tutte le domande; essa è chiamata a prestare aiuto alla gente in una viva e vitale contemporaneità: un compito questo che deve essere ancora assolto.

I luoghi e i tempi “critici” devono portare verso convergenza di sforzi, ad opera di credenti e non credenti, per rianimare il senso dell’etica e del dovere e diffondere una nuova consapevolezza dei valori dello spirito, dei doni della cultura, dei benefici della solidarietà, che soli possono elevare la condizione umana.

Occorre riprendere quella “tavolozza” con la quale ridisegnare la vita non tanto dei bambini, quando soprattutto degli adulti attraverso il dialogo e il confronto dove si accoglie e si comprende il passato per vivere il presente e sognare il futuro. Assistiamo oggi all’avvento di alcuni nuovi barbari che con arroganza e saccenteria affossano la “memoria” per ricreare tutto da soli ex nihilo …ma si tratta nella nuova povertà chiamata “arroganza” perché la “memoria” è sempre stata la forza storica del futuro.

La nostra tragedia è la mancanza di vera comunicazione; Il dialogo è il respiro della vita sociale: è il cibo del pluralismo. La falsa mancanza di tempo, la fretta, la timidezza, la pigrizia, la comoda superficialità dei nostri discorsi, la spudorata e volgare difesa dei propri interessi loschi, la paura … costituiscono una grande sfida se davvero si desidera vivere e non semplicemente esistere.

È dalla schiettezza del dialogo e dal suo esito fruttuoso  che possono scaturire nuovi stimoli per una ripresa di slancio vitale e di senso morale. A far cadere il muro tra “il palazzo” e la periferia è proprio la parola ‘dialogo’, quale punto di incontro delle diversità arricchenti, luogo dove i sogni degli sconfitti dalle barbarie, nonostante tutto, sono ancora desiderosi di configurarsi con le fattezze rassicuranti di un amichevole volto umano. Una fede che ami la terra sì, ma che trovi il tempo per vivere l’estasi e tornare a costruire, tra cielo e terra, tra arroganti e pusillanimi, quei sogni che danno vigore al nostro presente.

Elia Ercolino


[ foto Loredana Zagaria ]

 


1 COMMENTO

  1. Questo articolo mi piace proprio. Una volta tanto riesco a sentirmi in sintonia con uno che ha scelto di stare in un contesto sociale e culturale (il mondo cattolico di Andria e della Puglia) verso il quale ho dei risentimenti forti, perchè lo trovo chiuso e provinciale, bigotto e localistico. Elia Ercolino, non sempre, ma il più delle volte mi piace

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