«Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino»
(A. Schopenhauer)
Quando inviti una bambina a lasciare l’attività che ha scelto liberamente, per iniziare quella che è prevista dalla tua testa per tutta la classe, devi fare MOLTA attenzione se non smette.
Quando insisti, fingendoti distratta per non appesantire, ma il tuo scopo non muta, devi fare MOLTA attenzione.
Quando le prometti che dopo potrà continuare, pur notando che è sempre più affannata perché vuole finirla la sua attività, devi fare MOLTA attenzione perché…
Perché ad un certo punto potrebbe alzarsi dal suo banchetto, raggiungerti in mezzo alla concitazione del resto con i suoi 90cm di altezza, guardarti da quel basso che basso non è mai, facendo capolino da dietro ai suoi occhiali viola con la benda colorata sull’occhio destro, sorriderti piena di soddisfazione, porgerti il foglio di quell’attività che altro non era se non piena di cuori e dirti: “Ecco, era per TU, non lo avevi capito?”.
Bene, in quello stesso istante tutta l’attenzione che non ci avevi messo, ti si ritorce contro: la felicità ti fa scoppiare il cuore e nel frattempo comprendi tutta la potenza che non sei tu ad avere: un disegno, la caparbietà, un gesto per TU, il sorriso felice e la firma ineludibile di un’ingenuità vera e tagliente.
Si dice: “Non lo avevi capito?”.
Si legge: “Idiota”.
Lei ti abbraccia ed è felice mentre tu la prendi in braccio, però devi fare i conti con te stessa e ripetertelo all’infinito: sei una cretina, SALLO!
E dunque sul calar della sera, mentre guardo quel disegno e penso che diventerà il prossimo quadro incorniciato nel mio studio, rifletto e ripeto: “Per TU” e dunque mi dico che lo scopo ultimo deve essere quello di dare corpo a ciò che solo in apparenza è assurdo. Una volta che abbiamo detto di sì all’istante, tutto esplode in una catena di affermazioni; eresia, non eresia, è come dire sì all’intera esistenza.