Perché moderare ed essere ipocritamente e verbalmente forbiti dinanzi alla barbarie?
Qualche giorno fa, un padre a Foggia ha percosso un docente reo di aver rimproverato suo figlio nell’esercizio di quella funzione pubblica che gli conferisce lo status di educatore: educare viene dal latino educere e non significa solo “tirar fuori” il meglio di un ragazzo, comporta, infatti, il dovere di limitare, di dare un margine all’ignoranza e alla diseducazione.
Giriamo pagina. La settimana scorsa, una giovane donna, con problemi personali di droga e in cura in una comunità, ha accettato dei soldi da uno sconosciuto in cambio di un rapporto orale per poi finire uccisa da un altro uomo, poco importa se straniero, ed è poi stata fatta a pezzi, letteralmente, per occultarne il cadavere.
Il giornalista Michele Serra, nella sua solita rubrica su di una nota testata giornalistica, ha fatto una analisi breve, coincisa e schietta di questi avvenimenti: non potrei eguagliarla mai in finezza, ma posso ribadire dei concetti.
Perché moderare ed essere ipocritamente e verbalmente forbiti dinanzi alla barbarie?
Il vocabolario e la conseguente sintassi ed etimologia, i sinonimi appropriati non combattono l’insensatezza sociale che, simile ad una moderna peste nera, semina feriti e morti.
Mi sono trovato spesso coinvolto nel dilemma se sia giusto o meno dare dell’imbecille o dell’animale a taluni individui che esercitano il loro diritto a compiere atti di crudeltà e violenza inauditi.
Mi chiedo se la causa sia la certezza di finire in una specie di albergo sorvegliato da guardie armate con porte chiuse a chiave, in cui per Costituzione si deve riabilitare chi non ha mai voluto adeguarsi alla civiltà e umanità cui apparteneva.
Sarò criticabile, ma immagino una categoria di delinquenti condannati da un tribunale dopo un giusto processo, con una palla al piede pesante, sotto pioggia e sole, costruire opere per la collettività: non occorrerebbe più l’ergastolo a rieducarli, imparerebbero la bontà di un gesto cristiano come il potersi fermare un attimo per riposarsi e riflettere.