
Stuoli di bambini, finalmente liberi dal guinzaglio della televisione si dondolano sulle altalene
Le nuvole giocano a nascondino con il sole. Un leggero venticello accarezza le tenere foglie del viale di Faenza, che porta al Parco “Bucci”. Nell’aria fluttuano bighellonanti pappi, appendici piumose di asteracee e biancastri semini lasciati cadere da maestose chiome. Intanto, un trambusto di gente angosciata si muove insensatamente, tra asfissianti miasmi, rumorose vetture e polveri sottili.
Uno stuolo di galline ti accoglie all’ingresso con ciuffi impennati. Fanno le fusa. Poi, zampettano verso minuscoli ovetti, mollichine di pane, piccoli semi, grilli, cavallette, lombrichi.
Intanto, i loro pulcini pigolano, rincorrendosi, raspando, ruzzolando nella tenera erba. Il più monello si inerpica sulla tua scarpa e con occhietti mobili scruta la radura, ammantata di pratoline, dove echeggia il festoso chicchirichì di un impettito gallo.
I versi di Renato Fucini “Io vi domando se si può trovare un più bravo animal de la gallina…”, risuonano nell’aria assieme all’allegro frusciare delle foglie ed ai richiami dei numerosi volatili. E la memoria corre lesta alla chiassosa stia dell’orto d’infanzia.
Un’aiuola ti calamita da lontano. Ospita una grande scultura di legno d’ulivo simboleggiante la pace. “ECAP” il titolo, lettere al rovescio. A produrla, scalpelli, sgorbie, martelli e fantasiosa creatività dello scultore Giorgio Palli.
Ti addentri cautamente sul molle tappeto d’erba di un prato. Avvolgenti fragranze esalano dai germogli, dai fiori sbocciati, dalle eteree foglioline, dall’umido muschio e dal rorido suolo. Apri gli occhi e raggiante riprendi a guardarti intorno. Un grosso tacchino ti scruta con circospezione, gonfiando il petto, arruffando le penne, glogottando debolmente, ma presto si rasserena quando, allungando pudicamente la mano, una carezza, nella tiepida aria mattutina, scivola lieve sul brillante piumaggio.
Frusciano vigorosamente le foglie! Una luce vellutata filtra a stento nel fogliame. Un candido pavone, appollaiato sulla branca di un immobile leccio, sorveglia curioso l’intera famiglia di animali ed umani. Più in alto su tronchi di carpini, lecci, ginko biloba, liquidambar, non ancora ricamati dalla carie, sono appuntate cassettine di legno, provvidenziali ricoveri di volatili. D’improvviso, vivaci scoiattoli irrompono. Fulminei si inerpicano, si rincorrono, spiccano salti ed infine ciondolano dalle estremità di rami trapunti da leggere foglioline.
Una soave melodia sgorga dalle agili mani di una silfide accovacciata sull’erba. L’armonica a bocca del suo ragazzo accompagna la chitarra con occhi languidi. Risponde un coro di cince, capinere, cardellini, fiorrancini, codirossi, occultati dal tremulo fogliame.
Ecco due laghetti, affratellati da un serpeggiante ruscelletto. Penduli rami di alberi ed arbusti vi si specchiano, mentre cipressi delle paludi, catapultati da remote contrade, vi soggiornano, respirando dal suolo con bitorzolute radici aeree.
Lo sguardo plana su nugoli di anatre. Riconosci l’anatra muta, la casarca, il germano reale. Tuffandosi nella stagnante acqua, catturano pesciolini e vermetti e li offrono agli affamati anatroccoli.
Stuoli di oche pattinano sulla liquida pista e di tanto in tanto i loro colli si inabissano nel fango. Quando il becco riemerge, getti di acqua scrosciano rumorosi dalle aggraziate testoline. Intanto, cigni neri veleggiano impavidi verso la riva gremita di gente.
Negli immoti laghi, pesci guizzanti ne increspano la superficie. Occhieggiano intanto due azzurri generatori di ossigeno. D’estate rivitalizzano l’asfittico liquido con le eliche, ora offrono riparo o sostegno ad ospiti occasionali
Scendi placidamente dal dolce declivio di una collinetta e ti inchiodi: un pavone fa la ruota, mentre l’estremità delle penne, strusciando, produce un flebile fruscio. L’insistente richiamo sessuale non turba minimamente le vicine femmine, ma Il mirabile spettacolo genera meraviglia in una nonna e nei suoi quattro nipotini.
Un giovane di bell’aspetto si piega, raccatta una sportina di plastica e la depone nel cestino porta rifiuti. È Fabio, il veterinario, responsabile del benessere psicofisico di tutti gli animali del parco. Aveva smesso di gattonare, e già era maturata in lui la consapevolezza che avrebbe impegnato la sua vita per la salvaguardia di animali selvatici.
Ne racconta con sollecitudine l’identità, la provenienza ed i costumi, sprigionando entusiasmo. Il suo cellulare squilla in tutte le ore. Tanti, trepidanti, si rivolgono a lui per salvare piccoli mammiferi, testuggini, serpenti e volatili travolti da vetture o raggiunti dai pallini di cacciatori.
A ridosso dell’uscita, una nera locomotiva a vapore si gode il meritato riposo dopo aver percorso innumerevoli volte l’Italia, quella di una volta, povera ma quasi incontaminata, non ancora violentata dalle colate di cemento ed asfalto, dal selvaggio abusivismo, dalle fabbriche dispensatrici di morte, dai pesticidi dell’industria chimica, dal consumismo selvaggio e dai fuochi nauseabondi delle discariche abusive.
Nelle immediate vicinanze, stuoli di bambini, finalmente liberi dal guinzaglio della televisione e delle abitazioni esclusive, si dondolano sulle altalene, ispezionano casettine di legno, fanno capriole sull’erba e si rincorrono festosi.
Grazie, imprenditore Roberto Bucci, che assieme ad Adriano Olivetti, sognavi un’Italia dove la libertà, la fraternità, l’uguaglianza, l’innovazione e la bellezza si stringessero la mano. Col tuo generoso impegno hai privilegiato la bellezza e l’energia della natura, generatrice di serenità, salute, biodiversità, armonia e gioia.
Man forte ti diede, il sindaco dell’epoca, Elio Assirelli, ed insieme vi batteste con energia e determinazione perché l’area destinata un tempo a piazza d’armi e poi a galoppatoio non si trasformasse in una asfittica selva di costruzioni amorfe.
Grazie Elena, Simone, Fabio e voi altri, volontari della “Piccola Oasi Lilly e i vagabondi” che vi prodigate quotidianamente, senza risparmiarvi, per la tutela e la valorizzazione del parco.
Alle ore ventuno i cancelli del parco, cigolando, chiudono. Agli animali viene riconosciuto, dallo staff tecnico (un agronomo, una biologa, un medico veterinario, un naturalista ed una guida escursionistica), il diritto a vivere in libertà, a riposare, a trastullarsi, a dedicarsi ai propri riti. Anche gli alberi e le erbe possono così godersi la pace del silenzio. Nel cuore della notte, mentre molto dormono, entreranno in azione civette, gufi, allocchi, falene, ricci e ghiri.
Tutti gli Italiani, almeno una volta nella vita, dovrebbero visitare il mirabile parco e deporre un fiore, anche spontaneo, un tarassaco, un crisantemo campestre o un rosolaccio sulla tomba di Roberto Bucci, suo artefice.