Il luogo in cui tutti vorremmo andare a nasconderci nel tentativo di sentirci protetti

La Tasmania non è un solo un luogo fisico e considerarla tale significherebbe non aver compreso il senso delle 200 pagine e più del libro.

Pagine che diventano eccessive, ma è sempre una mia opinione; che incatenano a situazioni e dialoghi talvolta narrativamente di troppo: messe lì solo per fare volume?

Ora il metro di valutazione è personale: Giordano ha scritto uno dei libri più sinceri e semplici, nel senso di comprensibilità, e belli degli ultimi anni. Non leggevo qualcosa di simile dal “Dentro” di Sandro Bonvissuto.

Una bellezza che non ha costanza, si interrompe e si riprende, si nasconde ed esplode.

E la bellezza non ha requisiti, arriva e riempie il vuoto dell’abitudine, della rassegnazione, della malinconia.

Il personaggio più riuscito è la curiosità umana, l’oceano monumentale di informazioni di ogni tipo, la spiegazione di avvenimenti che testimonierebbero altrimenti la sola banalità del male cui siamo abituati.

Tutti i personaggi del libro si sono perduti dentro il mondo e se stessi, hanno per fretta dimenticato di farsi “una vita interiore” da cui attingere. Vagano, sono solo presenza, vivono della rendita umana di quel po’ che sono stati sino all’implosione improvvisa che li ha resi umanamente invisibili.

Scontato che un giovane prete possa innamorarsi, ma è un miracolo una sua affermazione: “Dio per me non ha più nessuna rilevanza. Ma Gesù sì. Anzi, è solo da quando ho smesso di preoccuparmi di Dio che ho iniziato a credere davvero in Cristo. A comprendere Cristo. Il corpo e il sangue. Sono parole che ho ripetuto per anni senza averne alcun diritto. Ma adesso so esattamente cosa significano”.

Scontato che un uomo più giovane possa convivere con una donna più matura che ha già un figlio: lei però in un momento particolare gli tiene la mano guardandolo, lo trattiene pur permettendogli una fuga da sé e loro.

Mi chiedo cosa possa fare di un libro un piccolo capolavoro. Forse lo so: il modo in cui si parla delle debolezze umane. Pinocchio, per esempio, è una delle favole più belle dell’umanità non perché il burattino diventa umano aiutando il suo babbo falegname, ma perché il Gatto e la Volpe gli tolgono l’innocenza con la tipica cattiveria della vita. Pinocchio è solo. E solo così può diventare di noi tutti.

Ecco, noi siamo tutti soli, solo temporaneamente ci è permesso di sfiorarci e condividere. La solidità dei rapporti la regala il quanto siamo disposti a imparare dallo stare “senza”.

Tasmania è il luogo in cui tutti vorremmo andare a nasconderci nel tentativo di sentirci protetti.