L’assinio di Luca Varani: storie di assurda follia, che ci fanno venire voglia di normalità…
Esistono storie terribili e, in quanto tali, degne di rappresentare fonte di ispirazione per i migliori registi di film horror. L’uomo infatti, troppo spesso, è capace di scrivere storie, destinate a segnare irreversibilmente l’intera umanità, nelle quali giovani vite si trasformano in esseri cannibaleschi che, senza alcun tentennamento, divorano, sotto i loro artigli infernali, vite innocenti o meglio esseri umani caratterialmente deboli.
Una di queste storie riguarda l’omicidio di Luca Varani, consumato, nella mattina del 4 Marzo 2016, in un appartamento della periferia di Roma.
I protagonisti dell’efferata vicenda, oltre la vittima di appena ventitré anni, sono due giovani trentenni romani, Manuel Foffo e Marco Prato, entrambi detenuti in carcere e accusati di omicidio premeditato, aggravato dalla crudeltà, dalle sevizie e dai futili motivi.
Cosa è esattamente successo, nell’appartamento del quartiere Collatino, in quel venerdì 4 Marzo 2016?
Lo spiega direttamente la voce di uno dei due assassini, Marco Prato: «Sono andato a casa di Manuel martedì sera (ndr. 1 Marzo 2016), con vestiti maschili e una borsa con una parrucca e altri abiti femminili. Nei due giorni che siamo stati a casa di Manuel abbiamo avuto numerosi rapporti. Non avevamo l’idea di nessun omicidio, non se n’era mai parlato nei nostri deliri. Giovedì sera (3 Marzo 2016) siamo usciti per cercare una “marchetta”, io sempre vestito da donna. Siamo andati a piazza della Repubblica, a Villa Borghese e a Valle Giulia, ma non abbiamo trovato nessuno. Non siamo andati in giro per uccidere. Manuel voleva avere un rapporto estremo con lo stupro. Siamo tornati a casa alle 6.30 di venerdì mattina. Abbiamo chiamato Luca e gli abbiamo offerto 150 euro. Quando è arrivato gli ho aperto la porta sempre vestito da donna, lui ha cominciato a drogarsi con noi. Io e Luca abbiamo iniziato a fare sesso e Manuel assisteva».
Solo che a un certo punto Manuel non vuole più sapere di restare a guardare e interviene nel rapporto: prima lecca i tacchi a spillo, poi vuole che gli si cammini sul corpo, finché, continua Prato: «Manuel era come impazzito, mi ha chiesto prima di versare un farmaco nel bicchiere di Luca e poi dopo che questo aveva cominciato a stare male mi ha chiesto di ucciderlo: “Questo stronzo deve morire”, urlava in preda a un improvviso e insensato odio e repulsione verso Varani. Manuel mi ha detto “strozzalo”, io ho provato, ma Luca si è ripreso, mi ha scansato e non sono riuscito a fermarlo e a quel punto Manuel è andato in cucina, ha preso un martello e ha cominciato a colpirlo. Poi ha preso un coltello e lo ha colpito ancora ma Luca non moriva… Eravamo strafatti di coca, io non ce l’ho fatta ad oppormi alla morte di Luca. Lui si lamentava “Non voglio morire” e allora Manuel gli ha tagliato le corde vocali per farlo stare zitto. Gli abbiamo messo una coperta sul viso per non vederlo, respirava ancora in modo affannoso. Non potevo più sopportare tutto questo. Manuel voleva essere baciato in testa per avere la forza da me per uccidere Luca. Non voleva farlo soffrire, voleva solo ucciderlo. Poi mi disse: “Questa cosa ci legherà per la vita”».
Dettagli bestiali che raccontano il male nella sua forma più subdola: il male gratuito. Luca Varani è stato brutalmente ucciso per futili motivi riconducibili ipoteticamente a varie cause: la noia di ragazzi benestanti ed incompiuti; la concezione, vigente nella società dei reality show, dei rapporti interpersonali–oggetto utili, soltanto, a soddisfare piaceri momentanei e da gettare, o distruggere, quando oramai inutili.
Insomma una storia portatrice sana di un dolore lancinante che ha colpito, in maniera letale, le famiglie della vittima, ma anche quella degli assassini e che ha dilaniato un’altra giovane vita: quella della compagna di Luca Varani.
Marta Gaia Sebastiani, questo il nome della fidanzata di Luca, affida i suoi pensieri al suo blog “Luce di Stella” dimostrandosi determinata nell’andare fino in fondo e conoscere tutta la verità su una morte tanto irrazionale quanto bestiale.
Esistono storie tragiche dicevamo, come quella della assurda morte di Luca, che spingono a voler ritornare a vivere, a voler conoscere davvero e rispettare il concetto di normalità: quello fatto di rapporti capaci di nutrirsi di vissuti quotidiani, riconducibili sotto l’egida della quotidianità; persone normali che siano capaci di scoprirsi quotidianaemnte, senza dover necessariamente ricorrere ad artifizi deplorevoli e letali.
Oggi, più che mai, sono dotate di profumo profetico le parole pronunciate, in una celebre canzone, da Lucio Dalla: “L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”.