Capita spesso di sentir parlare, a volte anche in maniera approssimativa, di omeopatia, fitoterapia e terapia convenzionale.
Quali sono le differenze? Omeopatia e fitoterapia sono la stesa cosa?
Le differenze ci sono e sono tante e soprattutto omeopatia e fitoterapia sono due discipline completamente diverse. La prima, nonostante venga spacciata come medicina, non ha alcun fondamento scientifico; la fitoterapia si basa sull’utilizzo di principi attivi estratti dalle piante, molti dei quali utilizzati per la preparazione di farmaci “convenzionali”.
Facciamo un po’ di storia ed un po’ chiarezza.
L’omeopatia: da una osservazione medica interessante alla bufala della memoria dell’acqua.
L’omeopatia nasce in un periodo storico in cui la medicina tradizionale non aveva ancora gli strumenti e le conoscenze scientifiche per diagnosticare le diverse malattie e si limitava pertanto a curare i sintomi somministrando “terapie da cavallo”; cioè dosi massicce di una determinata sostanza, la quale si rilevava spesso molto più letale della malattia stessa. È paradigmatico in tal senso quello che nel 1860 il medico statunitense Oliver Wendell Holmes, dell’Università Harvard, disse in una riunione tra colleghi: “Sono fermamente convinto che se l’intera materia medica attualmente usata potesse essere gettata in fondo al mare, sarebbe tanto di guadagnato per l’umanità, e… tanto peggio per i pesci”. A dimostrazione, questa asserzione di Holmes, che qualcosa bisognava aggiustare.
In questo contesto si inserisce l’omeopatia (dal greco homoios, simile, e pathos, malattia), sviluppata agli inizi dell’800 da un medico tedesco, Samuel Hahnemann, il quale, basandosi su quella che viene definita la legge di similitudine, stabilì che una sostanza assunta a dosi massicce poteva provocare in un individuo sano non solo i sintomi ma addirittura i segni di una determinata patologia, mentre la stessa sostanza somministrata in dosi infinitesimali, poteva guarire una persona dalla malattia stessa.
Su cosa si basa la terapia omeopatica sviluppata da Hahnemann?
Semplicemente sul principio della diluizione, in cui la sostanza di partenza viene diluita ripetutamente in acqua sino a raggiungere anche una diluizione di 1:50.0000. Il metodo si basava anche su una serie di “succussioni”, cioè nell’agitare ripetutamente (fino a 100 volte per ogni singola diluizione) il composto ottenuto, in quanto lo stesso Hahnemann riteneva che questa “dinamizzazione” del composto liberasse al meglio la sua essenza e potenza.
Tuttavia, appare sostanzialmente molto chiaro che la succussione non può potenziare ciò che non esiste. Lo stabilisce la legge di Avogadro secondo cui già alla 12ma diluizione centesimale (12CH), la soluzione acquosa contiene 0,6022 molecole del composto di partenza, vale a dire nessuna. Le diluizioni successive quindi diluiscono acqua con acqua.
Già a suo tempo, Hahnemann ricevette molte critiche dal mondo accademico e medico per l’assenza di un metodo scientifico a supporto delle sue teorie.
Purtroppo, nonostante la ricerca scientifica abbia fatto notevoli passi avanti nella comprensione di molte malattie, abbia portato allo sviluppo di efficaci approcci terapeutici per molte patologie e abbia definitivamente dimostrato che il metodo sviluppato da Hahnemann non ha alcun fondamento scientifico, si continua erroneamente a usare il termine “medicina” nella pratica omeopatica.
Intorno al metodo omeopatico sviluppato da Hahnemann sono state nel tempo costruite una serie di false notizie e rimedi miracolosi; gli stessi che si possono ascrivere tra l’altro a quello che in medicina viene definito con il termine di “effetto placebo”.
Un secolo dopo gli studi di Hahnemann, il biochimico francese Jacques Benveniste cerca di portare acqua (è il caso di dirlo) alle strampalate e miracolose virtù dell’omeopatia (e cioè dell’acqua), attraverso la teoria (pura invenzione scientifica) della “memoria dell’acqua”. Secondo il padre di questa “invenzione”, l’acqua conserva il “ricordo” delle sostanze con cui è venuta in contatto. Una ricerca questa pubblicata nel 1988 sulla prestigiosa rivista scientifica Nature. Sembrava essere, questa ricerca, l’anello mancante tra l’omeopatia e la medicina convenzionale.
L’entusiasmo tuttavia durò poco, in quanto la rivista su cui era stato pubblicato lo studio del gruppo di Benveniste, istituì una commissione di esperti per controllare e riprodurre gli esperimenti del biochimico francese, con il risultato che la rivista bollò come errore metodologico tutto l’esperimento di Benveniste.
L’omeopatia quindi non ha nulla di scientifico e sarebbe eticamente giusto per la tutela dei consumatori e dei pazienti adottare quanto già fatto dagli Stati Uniti e cioè pretendere che sulle confezioni dei prodotti omeopatici sia chiaramente indicato che: (1) non esiste alcuna evidenza scientifica di efficacia terapeutica e (2) quanto indicato nei prodotti omeopatici è basato solo su teorie di fine 1700 rifiutate della medicina moderna.
Per capire l’inganno dell’omeopatia proviamo a fare un esperimento mentale: comprate un’ottima bottiglia di vino rosso d’annata, prendete un millilitro di quell’ottimo nettare e diluitelo in acqua centinaia di migliaia di volte; ora bevetelo. Sentite ancora il sapore del vino? Pensate ancora di potervi ubriacare bevendo una decina di bottiglie della milionesima diluizione? Comprereste la milionesima diluizione di quell’ottimo vino pagandola come la bottiglia “originale”?? Alexa Ray Joel, figlia del cantante Billy Joel, l’esperimento di un eccesso di prodotto omeopatico lo ha fatto per davvero. La ragazza, a causa probabilmente di una depressione per essere stata lasciata dal fidanzato e per problemi familiari, annunciò alla sua compagna di stanza di volersi suicidare. Ingerì così una massiccia dose di un medicinale, si sdraiò sul letto, aspettando la fine. La sua coinquilina chiamò subito i soccorsi; il personale sanitario dopo aver visitato Alexa Ray, con somma sorpresa, accertò l’ottima salute della paziente e, esaminando il flacone di pillole che Alexa aveva svuotato, scoprirono che si trattava di un antistaminico omeopatico. Forse questo è il primo caso in cui l’omeopatia ha salvato veramente la vita di una persona che voleva suicidarsi e che per sua fortuna per farlo aveva scelto un prodotto omeopatico, cioè acqua fresca!
La fitoterapia: dalle essenze naturali alla moderna farmacologia.
Secondo il Ministero della Salute “I medicinali fitoterapici sono tutti quei medicinali il cui principio attivo è una sostanza vegetale. Questi medicinali sono stati ufficialmente approvati dall’AIFA, che ne ha verificato la loro qualità, efficacia e sicurezza, e sono venduti esclusivamente nelle farmacie, alcuni dietro presentazione di ricetta medica ed altri come medicinali senza obbligo di prescrizione o medicinali da banco”.
La fitoterapia si basa sulle proprietà terapeutiche di molte piante, funghi o licheni. Nei tempi antichi c’era lo speziale che preparava una serie di “medicamenti”, mediante l’impiego di estratti vegetali. Con l’avvento, verso la metà degli anni 30 del secolo scorso, della chimica farmaceutica la figura dello speziale si trasforma in quella del farmacista e del chimico farmaceutico, i quali utilizzano i principi della fitoterapia in maniera più appropriata e sicura, riducendo gli effetti collaterali che si potevano anche avere con la somministrazione di quei “medicamenti” su base di estratti vegetali.
Infatti, si è dimostrato che la composizione dei “medicamenti” derivati da estratti di piante è molto complessa e non si tratta mai di un solo principio attivo, ma include moltissimi composti (anche qualche centinaio), i quali possono avere effetti diversi sull’organo bersaglio che deve essere curato o addirittura sull’intero organismo. Si parla infatti di “fitocomplessi”, i quali contengono sia sostanze utili per curare una determinata condizione patologica, sia composti inutili o dannosi. Di conseguenza l’azione sinergica di tutti questi composti presenti nel fitocomplesso può determinare effetti collaterali anche dannosi per il paziente.
Inoltre, molto frequentemente, i farmaci vegetali non soddisfacevano i criteri e controlli di qualità, essendo soggetti, come del resto tutte le piante, ad alterazioni dovute sia a fattori climatici che a cattivi procedimenti nella preparazione dei fitoterapici stessi.
Si rendeva pertanto necessaria una maggiore attenzione nella preparazione dei fitoterapici e una più approfondita conoscenza delle proprietà farmacocinetiche (gli eventi cioè a cui è sottoposto un farmaco quando viene a contatto con il nostro organismo, quali assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione) e farmacodinamiche (i meccanismi d’azione del farmaco stesso) dei componenti attivi delle droghe vegetali, nonché una maggiore conoscenza della loro tossicità.
Di conseguenza uno degli obiettivi della medicina moderna è stato quello di isolare i singoli principi attivi dai fitocomposti o produrre farmaci di sintesi e costruire molecole/farmaci diretti contro uno specifico target per minimizzarne eventuali effetti collaterali.
Con l’avvento della chimica e dei primi farmaci di sintesi, la fitoterapia è stata quindi un po’ ridimensionata, anche se si sta registrando un crescente interesse verso la fitoterapia, come medicina integrativa da affiancare a quella ufficiale.
In questo contesto è importante chiarire che:
1) nei composti omeopatici c’è solo acqua e, come dice l’immunologo Roberto Burioni, per fortuna l’omeopatia non funziona; e questo deve essere chiaro in chi pretende di curarsi solo con acqua;
2) la fitoterapia non ha miracolose proprietà curative; ciononostante proprio perché i fitoterapici non contengono “acqua fresca”, ma fitocomplessi, il loro utilizzo deve essere sempre fatto con l’assistenza di un medico.
Per poter scegliere bisogna essere CORRETTAMENTE informati, anche perché “la nostra sta rischiando di diventare la società più informata che mai sia morta di ignoranza” (Rubén Blades).