Torneremo ad abbracciarci…
Quando mi sono trasferita a Londra tre anni fa, ho dovuto abituarmi a un sacco di cose nuove; tra queste, la folla.
Certo, nella città in cui sono cresciuta c’è sempre gente. Poi ho studiato a Bari, ho visitato Roma e Milano, città piene di gente. Ma Londra no, Londra è diversa, non c’è gente: a Londra c’è una folla di gente.
E così in tre anni ho imparato che all’ora di punta in metropolitana, anche se c’è un treno ogni due minuti, puoi aspettarne quindici prima di riuscire a infilarti a stento in un vagone gremito;
che alla fermata si forma sempre spontaneamente una fila per salire sull’autobus, in ordine di arrivo, precedenza agli anziani;
che invece la fila al bar per i cocktail fortunatamente non l’ho mai fatta, ché conosco i PR delle discoteche;
che questa città non dorme mai un secondo, che c’è sempre un povero disgraziato in bicicletta che ti porta da mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte;
che in ogni paese del mondo c’è almeno una persona che ha una foto sul cellulare scattata mentre passavo sullo sfondo;
che non importa quanto in anticipo tu possa pensare di essere, quando arrivi dove dovevi arrivare, ci sarà sempre qualcuno che ti ha battuto sul tempo;
che nei negozi di Oxford Street o Regent Street è impossibile trovare un camerino vuoto per provare una camicia;
che ci sono regole non scritte di traffico pedonale nelle stazioni, e se cammini nella porzione di pavimento sbagliata rischi di trovarti a navigare controcorrente in un fiume di gente.
A Londra non sei mai solo. Puoi sentirti solo, certo, ma non sarai mai l’unico a essere in un determinato punto del tempo e dello spazio londinese.
Non c’è niente di simile alla scarica elettrica di adrenalina che si prova emergendo dalla metropolitana, direttamente di fronte al Borough Market.
Londra è una città che vibra, che ti trasmette energia attraverso la suola delle scarpe mentre cammini per le sue strade.
Poi il coronavirus, il lockdown. La vita che si arresta e le strade che si svuotano a ritmo della pandemia globale.
I treni della metro sono vuoti, così come gli autobus. Le discoteche, i bar, i negozi, tutto è chiuso fino a data da destinarsi. I turisti non arrivano più negli aeroporti e nelle stazioni della città. Il ragazzo in biciletta indossa maschera e guanti, lascia il cibo dietro la porta, suona il campanello e corre sul marciapiede opposto per evitare il contatto, mentre aspetta per assicurarsi che tu prenda il pacchetto di cibo lasciato sullo zerbino.
Londra città vuota, sonnolenta, a tutte le ore del giorno e della notte.
Ora sì che soli si può esserlo per davvero, in isolamento nella propria casa o nella propria stanza.
Poi però guardo fuori dalla finestra il cielo della sera, tra il rosa e l’indaco, e ripenso alle parole della Regina:
“Torneranno giorni migliori. Rivedremo i nostri amici e le nostre famiglie. Torneremo a incontrarci”.
Ed è così, Londra, torneremo a incontrarci. Ad abbracciarci.