
Si tratta del futuro dell’umanità
Non si tratta solo di migranti. Si tratta di mettere l’umanità al primo posto e il vero motto dei cristiani dev’essere sempre, comunque e nonostante tutto “prima gli ultimi”.
Non si tratta solo di migranti si tratta, anche, della solidarietà e carità, del futuro della nostra umanità e civiltà, si tratta di non escludere e bandire nessun dal banchetto della casa comune e di tutti.
Il rifiuto degli uomini, delle donne, dei migranti, dello straniero, del prossimo è la negazione del nostro essere cristiani, persone civili e della realtà fondamentale della fraternità umana. L’inclinazione crescente e sempre più in aumento a non accogliere, a non far attraccare, ad uccidere e a diffidare, mina e insidia le radici profonde e i pilastri dell’umanesimo e della convivenza nella convivialità.
La comunità cristiana in questo momento più che mai deve poter dare conto della propria fede e impegnarsi nella lotta per il bene dell’umanità su quel terreno spinoso della violenza, del razzismo, della mafia, della corruzione.
Si è proprio vero non si tratta solo di migranti si tratta di tutti noi, di ricucire un’umanità sfilacciata, di impastare le storie e gli incontri delle persone perché tutti abbiamo una storia da rivelare, da raccontare, da condividere: speranze, angosce, sogni, gioie, paure, idee, progetti, sfide, abbattimenti, slanci…
Con l’altro non ci si scontra ci si incontra, perché incontrare le persone vuol dire aprirsi all’altro nella sua unicità e universalità, senza pregiudizi e discriminazioni. Entrare nel tessuto vitale delle esistenze dimenticate e anonime significa attraversare le biografie di una umanità ricca di segni e contenuti, che solca la proprietà ego-personale, sfigurando il nostro narcisismo, interpellando il senso ultimo della nostra vita. La cultura dell’incontro salverà l’umanità, farà risorgere un nuovo e vero umanesimo.
Non si tratta solo di migranti è il tema scelto dal Papa per il Messaggio della 105ma Giornata Mondiale del Rifugiato e del Migrante 2019 (GMMR). Lo slogan riflette la profonda preoccupazione del Vescovo di Roma, venuto dalla fine del mondo, per tutti gli abitanti delle periferie fisiche ed esistenziali del mondo. Francesco, ancora una volta, ricorda che “l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ignudo, il malato e il carcerato che bussa oggi alla nostra porta è Gesù stesso che chiede di essere incontrato e assistito”.
Il Messaggio del Papa per la GMMR è anche denuncia del diffuso atteggiamento di rifiuto verso i migranti e i rifugiati, “un campanello di allarme che avvisa del declino morale cui si va incontro, se si continua a cedere alla cultura dello scarto”. Nel messaggio Papa Francesco, parla di migranti come emblema dell’esclusione e avverte: «Su questa via, ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio d emarginazione e di esclusione». Tra i pericoli incombenti, per Francesco, c’è anche quello di “renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti”.
Non si tratta solo di migranti, dunque: si tratta della nostra umanità e del suo futuro.
«La presenza dei migranti e dei rifugiati – come, in generale, delle persone vulnerabili – rappresenta oggi un invito a recuperare alcune dimensioni essenziali della nostra esistenza cristiana e della nostra umanità, che rischiano di assopirsi in un tenore di vita ricco di comodità». È la tesi del Papa, secondo il quale “il progresso dei nostri popoli dipende soprattutto dalla capacità di lasciarsi smuovere e commuovere da chi bussa alla porta”. Il mondo di oggi, invece, “è ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi. Lo sviluppo vero è quello che si propone di includere tutti gli uomini e le donne del mondo, promuovendo la loro crescita integrale, e si preoccupa anche delle generazioni future”.
La parte centrale del Messaggio è un appello preciso: «In ogni attività politica, in ogni programma, in ogni azione pastorale dobbiamo sempre mettere al centro la persona, nelle sue molteplici dimensioni, compresa quella spirituale. E questo vale per tutte le persone, alle quali va riconosciuta la fondamentale uguaglianza”. Il motto del mondo è “prima io e poi gli altri”, mentre il vero motto del cristiano è “prima gli ultimi”: “uno spirito individualista è terreno fertile per il maturare di quel senso di indifferenza verso il prossimo, che porta a trattarlo come mero oggetto di compravendita, che spinge a disinteressarsi dell’umanità degli altri e finisce per rendere le persone pavide e ciniche».
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono i quattro verbi che non solo riassumono la sfida posta dalle migrazioni, ma anche la missione della Chiesa, “verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati”. Per Francesco, dunque, non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro, ma soprattutto della famiglia umana.