Dopo la strage a Parigi mi sono svegliato che tutti o quasi erano Charlie Hebdo. Ogni sorta di fascisti, razzisti, bigotti, capi di partito, politici, direttori di giornali, persone comuni, si son sentiti in dovere di solidarizzare con la rivista francese senza accorgersi di essere tutto ciò che quella rivista ha sempre cercato di combattere. Ora però, che lentamente si sta cercando di superare l’urto emotivo, è giusto mettere qualche paletto. Qualche esempio.

Non sei Charlie Hebdo se quando il giornale francese pubblicò Padre, Figlio e Spirito Santo mentre avevano rapporti omosessuali, hai pensato: “Chi pubblica certe schifezze va fatto chiudere”.

Non sei Charlie Hebdo se hai pensato che sarebbe stato meglio non andarli a stuzzicare, se ritieni che su certe cose non si possa scherzare: non esistono argomenti tabù, la satira può toccare tutto, è solo difficilissimo fare belle battute su certe questioni, ma non impossibile o proibito provarci.

Non sei Charlie Hebdo se quando Luttazzi fece la battuta su Ferrara nella vasca, hai pensato “che sta volta ha proprio esagerato”.

Non sei Charlie Hebdo se ai tempi dell’editto bulgaro di Berlusconi sei rimasto muto e indifferente e magari dopo hai pure rivotato Berlusconi.

Non sei Charlie Hebdo se a seguito della strage ti è venuto di pensare all’ennesimo episodio di uno “scontro di civiltà”, se ti senti sotto attacco, se ritieni che dovremmo armarci e andare a combattere qualcuno. La storia recente ci dice che il terrorismo non lo si combatte con gli eserciti, Charlie Hebdo ha già reagito, con un’altra vignetta.

Non sei Charlie Hebdo se dopo i fatti di Parigi non hai pensato che nel 2011, l’estremista cristiano Andres Breivik aveva fatto peggio, uccidendone 77.

Non sei Charlie Hebdo se hai pensato che noi abbiamo avuto l’Illuminismo e invece i musulmani stanno ancora nel Medioevo. Ogni civiltà ha la sua cultura e la sua barbarie.

Non sei Charlie Hebdo se sei un giovane musulmano nato in Occidente e oggi non stai pensando di fare uscire vignette sulla tua religione, per farci sapere che ci si può scherzare su. Di fronte a fatti di questa gravità non basta prendere le distanze (come del resto quasi tutte le comunità islamiche hanno fatto), non basta dire che quelli sono gli estremisti e tu sei il moderato, servono gesti significativi e rassicuranti che gettino acqua sul pagliericcio dell’islamofobia, già pronto a divampare.

Non sei Charlie Hebdo se sei un musulmano osservante e oltre a condannare la violenza che non appartiene alla tua religione, non stai pensando di “fare una rivista satirica contro di noi, i laici”, come ti suggerì Stéphane Charbonnier, il direttore morto nell’attentato.

Infine se proprio vuoi essere Charlie Hebdo, magari evita di esserlo solo per un paio di giorni. Quando fra 15 giorni tutto il clamore sarà sopito e i soliti personaggi torneranno a dire che Vauro andrebbe cacciato, Crozza ammutolito, i soldi pubblici per certe cose non si dovrebbero spendere, che l’ordine dei giornalisti andrebbe abrogato, ricordati che la libertà non è come la principessa delle favole che una volta conquistata poi vive felice e contenta, va invece difesa quotidianamente.

Ricordati di quando quella volta sei stato Charlie Hebdo. Si sta bene a stare dalla parte della libertà, vero?


8 COMMENTI

  1. gent.le Andrea, non capisco se lei scrive per provocare o se quello che scrive lo pensa veramente. Se qualcuno ha pensato che il giornale satirico francese andava fatto chiudere dopo le vignette su padre figlio e spirito santo non vedo perché non debba essere solidale e “sentirsi parte” delle vittime.
    Cosa c’entra il paragone con Andres Breivik? Forzato e di cattivo gusto. Quello che scrive non solo non lo condivido ma penso che lei debba ringraziare la libertà di stampa perché leggendo certi spropositi verrebbe voglia di togliere la penna a qualcuno….

      • Beh, dire o postare je suis Charlie è un po’ diverso che semplicemente manifestare solidarietà alle vittime. E un po’ più forte… E volere la chiusura del giornale e al tempo stesso identificarcisi è un pelino contraddittorio, almeno per me…

  2. je suis Charlie hebdo è lo slogan coniato per manifestare solidarietà di fronte ad una fatto gravissimo. Possiamo condividere o meno la linea editoriale di un giornale, ad esempio non condivido la linea dell’autore. Manifesto civilmente il mio dissenso con un commento (come ho fatto in un altro articolo) , eventualmente posso evitare di frequentare il sito o comprare la rivista. Con Charlie Hebdo si è passato il limite. Non condivido le vignette su Maometto, le trovo di cattivo gusto come lo erano quelle su Padre Figlio e Spirito Santo. Le trovo di cattivo gusto perché vanno ad offendere il credo di qualcuno, un po’ come le bestemmie, ecco perché non le condivido. Ma trovo altrettanto di cattivo gusto .polemizzare sulla condivisione di uno slogan di solidarietà.

  3. La satira è “strutturalmente” provocatoria, dissacrante, al limite -e oltre- le barriere del cosiddetto “buon gusto”: se un autore satirico dovesse porsi il problema del “gradimento” o della “buona educazione” non potrebbe più far satira. Né può essere demandata al “fedele” (musulmano o di altra religione) l’autorità di dichiarare legittima o meno una vignetta, o una scena teatrale o altra opera satirica. Da quando esiste la satira (cioè da millenni) la religione è sempre stata un obiettivo privilegiato degli autori satirici. L’unico divieto che mi sento di condividere è quello della violenza fisica e dell’assassinio. Mi sento legittimato a dire se una vignetta mi piace o no, ma il mio eventuale “non mi piace” non significa che voglio impedire al vignettista di esprimersi. Anche se è un riferimento ormai troppo abusato, mi rifaccio alla celebre frase di Voltaire “Non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa esprimerle”. Poi, signor o signora Gas, non so se è un mio limite tecnico, ma non riesco a capire chi sia lei. Gas mi sembra un pò sfuggente come nome, ma forse sono io che non riesco a utilizzare bene i “social-media”. Comunque io mi chiamo Del Mastro Giuseppe e abito in via francesca 5, in quel di Albinea, provincia di Reggio Emilia

  4. gas è uno pseudonimo e sono un signore, anzi, siccome dalle mie parti signori sono quelli coi soldi diciamo che sono un “maschietto” . Sig Giuseppe, d’accordo con lei con l’affermazione sulla satira ma come le ho detto ritengo di cattivo gusto quella che può offendere una religione. Con questo non vuol dire che devono smettere di scrivere, io personalmente evito di comprare quel tale giornale e la mia forma di protesta finisce lì. Ottima la citazione di Voltaire, che condivido pienamente.

    • Che Gas fosse uno pseudonimo le assicuro che l’avevo capito. Solo mi sembrava significativo che mentre si parla di persone ammazzate perchè si “esponevano” personalmente, si debba interloquire con uno “psudonimo”

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