«Us (us, us, us, us) and them (them, them, them, them)
And after all we’re only ordinary men»
(Pink Floyd)
Noi e loro.
Sento sempre più ripetere questo schema e sono sempre più a disagio.
Noi e loro.
Noi i civili, loro gli incivili.
Noi i colti, loro i barbari.
Noi i democratici, loro i tiranni.
Noi i bianchi, loro i multicolore.
Noi e loro.
Uno schema trito e ritrito che mi suona quanto mai ipocrita.
Mai che senta: noi i colonizzatori, loro i colonizzati; noi gli sfruttatori, loro gli sfruttati; noi che gestiamo la finanza, loro debitori delle nostre banche; noi che ci appropriamo a basso costo delle loro materie prime, loro che devono ricomprare a mille per cento il prodotto finito da noi; noi che sfruttiamo la loro manodopera, loro che si vendono per disperazione; noi che gestiamo le tratte degli schiavi, delle prostitute, degli organi, loro che sono fatti letteralmente a pezzi; noi che produciamo e vendiamo armi, loro che si ammazzano e ammazzano con le nostre armi; noi che abbiamo avuto le crociate e le guerre di religione, loro che fanno oggi quel che noi abbiamo fatto per secoli e che ancora adesso facciamo: a casa loro.
Noi e loro.
Gaber cantava di non sentirsi italiano ma che, per fortuna o purtroppo, lo era.
Io sono bianco, italiano, europeo, ho studiato, ho un lavoro che mi gratifica, il diritto alla salute e la libertà di movimento. Io faccio parte del noi.
E spesso sono a disagio.
Il più delle volte provo nausea: per le esternazioni di tanti di noi.
Noi (noi, noi, noi, noi) e loro (loro, loro, loro, loro): e, dopo tutto, siamo solo uomini comuni.
Bellissimo. Wordless