«Non incolpare il mare del tuo secondo naufragio»
(Publilio Siro)

«Indovina? Sono in ritardo! Non guarirò mai! Ho troppo da vivere per arrivare in orario!»: chi di voi può sottoscrivere parole simili, sa cosa sia vivere intensamente e non conosce la noia.

Chi di voi può sottoscrivere parole simili, merita una sola risposta: «Non guarire mai, per favore!».

Con buona pace dei puntuali, dei pignoli, dei meticolosi, dei lenti non per natura, ma per scelta. Degli annoiati che annoiano. Degli egoisti. Che non conosceranno mai la bellezza di farsi trasportare dalle onde.

Mai visto il mare di Puglia quando soffia la tramontana? I più ne restano terrorizzati e non si azzardano a metterci piede. Chi è nato nel mare, sa come fare e sa distinguere i giorni, sa fin dove può arrivare, sa quando è il caso di tenersi lontano dalla riva perché i marosi potrebbero strapparti via e sa quando le onde sono sì forti, ma non violente, maestose, ma non terrificanti.

Sì, quelli che dicono che nuotare tra i cavalloni è pericoloso, non sanno che basta lasciarsi portare dai flutti e combinare le proprie piccole forze con quelle di gigantesche masse d’acqua. Non si nuota contro il mare, si nuota con il mare: e se ti lasci coccolare, anche le braccia più forti, che potrebbero stritolarti in un attimo, diventano una culla, la più sicura.

Caro lettore, adorata lettrice,

devo chiederti scusa: mi perdo nella mio megalomane pseudo-lirismo e rischio di smemorarmi di chi il mare deve affrontarlo per terrore.

Perché quanto ho scritto non vale se nel mare ci entri perché scappi. Quando hai morte alle spalle, morte davanti e in mezzo una barchetta sempre troppo affollata, sempre a rischio di naufragio. Quando vedi il mare per la prima volta e nessuno ti ha insegnato a nuotare.

Qui mi limito a ri-cordare (che significa: “riportare nel cuore”) un fatto che è a tutti noto e che preferiamo ignorare. Un fatto che i noiosi annoiati preferiscono rimuovere, quando non lo manipolano per secondi fini, tanto sono occupati a difendere i confini della “patria”.

Caro lettore, adorata lettrice,

sai che c’è? C’è che la patria è la casa dei figli, la dimora dei fratelli. E non so tu, ma io sono portato a sentirmi fratello di chi muore, piuttosto che di quanti si beano di crapulare con Trimalcione.

Victor Hugo ce lo ha spiegato: «Dalla conchiglia si può capire il mollusco, dalla casa l’inquilino». Vale a dire: dimmi con chi ti leghi e ti dirò chi sei.

Quanto al resto, la storia è come il mare: non li si può fermare con le mani. Lo canta bene Ivano Fossati:

«Mio fratello che guardi il mondo 
e il mondo non somiglia a te 
mio fratello che guardi il cielo 
e il cielo non ti guarda. 

Se c’è una strada sotto il mare 
prima o poi ci troverà 
se non c’è strada dentro al cuore degli altri 
prima o poi si traccerà».


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...