«Ma esso, ch’altra volta mi sovvenne 
ad altro forse, tosto ch’i’ montai 
con le braccia m’avvinse e mi sostenne»

(Inferno, XVII, vv.94-96)

Siamo a metà dell’Inferno dantesco, in un canto di transizione che chiude la prima sezione della Cantica. Sin qui abbiamo incrociato quanti scontano peccati di eccesso, eresia, violenza. Ci attendono ora i canti dedicati ai peccati di frode e, infine, quelli dedicati ai traditori, fino a vedere faccia a faccia Lucifero.

In particolare, il viaggio attraverso l’ottavo cerchio, denominato Malebolge, impegnerà i canti dal XVIII al XXX e vi troveremo ben dieci “bolge”, rispettivamente occupate da seduttori e ruffiani, adulatori e lusingatori, simoniaci, indovini e maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia e scismatici, falsari.

Occorre proprio un canto intero per darci la sensazione di quanto Dante debba sprofondare nel buio della ripa scoscesa, nel mistero della malvagità umana.

Prima però – mentre Virgilio si reca a impartire ordini al misterioso mostro alato preannunciato al termine del canto precedente – Dante, solo ma su invito della sua guida, esplora la zona degli usurai. Di nuovo, viene fustigato il vizio di illustri famiglie fiorentine, ma a parlare è un patavino, Reginaldo Scrovegni, dannato malgrado il fatto che il figlio Arrico, al fine di espiare i peccati del padre, volle commissionare a Giotto gli affreschi della magnifica e omonima cappella in quel di Padova. Particolare non secondario, gli usurai sono raffigurati con una borsa appesa al collo con sopra impresso lo stemma di famiglia: altra efficace premessa alla discesa in Malebolge, considerato che bolgia, in fiorentino, vuol dire “borsa”.

È quindi il momento di salire in groppa a Gerione, questo il nome dell’essere alato, descritto in modo tanto originale quanto spaventoso: il mostro inganna col suo volto di uomo giusto, ha il corpo sinuoso di serpente, atterrisce con la sua coda velenosa, pronta a pungere come uno scorpione. Non a caso Virgilio raccomanda a Dante di sedersi sul davanti mentre lui, alle sue spalle, lo protegge con un abbraccio: amore preveniente, quello di Virgilio, è tale lo sgomento di Dante che non gli esce fiato di bocca, ma il maestro ascolta anche le parole non dette e, come una madre premurosa, intende e soccorre l’allievo muto ed esitante.

Sembra non terminare mai il volo a precipizio, Dante è atterrito dal buio, avverte il vento sulla faccia, ricorda i voli folli e mortiferi di Fetonte e Icaro, finché finalmente Gerione, planando a mo’ di un falcone, depone i due viaggiatori sul fondo del baratro e subito scompare con la velocità di una freccia.

Caro lettore, adorata lettrice,

il buio.

Proprio quello che sembra dominare il nostro tempo. Proprio quanto più ci terrorizza da quando eravamo bambini.

Dimentichi che, per quanto vasta sia l’oscurità, è sufficiente una piccola sorgente di luce per dominarla.

Allora mi vien da chiedere: quand’è l’ultima volta che abbiamo sorriso a noi stessi? Perché solo chi sorride può illuminare: e chi si sorride illumina molto di più, perché restituisce ciò che gli è stato dato. Con amore preveniente.

Pablo Neruda:

«…quando apro gli occhi

e quando li richiudo,

quando i miei passi vanno,

quando tornano i miei passi,

negami il pane, l’aria,

la luce, la primavera,

ma il tuo sorriso mai,

perché io ne morrei».


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...