L a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: sei tappe per un cammino di umanizzazione

La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento. Quest’anno sarà celebrata il prossimo 27 settembre, il messaggio del Papa per la 106ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato intitolato: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”.

Non si dimentichino gli sfollati interni e “tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19”. È questa l’esortazione con cui si apre il Messaggio papale. Si stima che nel mondo gli sfollati interni siano oltre 50 milioni. A guerre, conflitti e disastri ambientali, si aggiunge in questo tempo anche la piaga della pandemia. Il loro è spesso un dramma silenzioso e dimenticato. Papa Francesco sottolinea che in seguito alla crisi, “iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane”, sono relegati in fondo alle agende politiche nazionali. Ma “non è questo il tempo della dimenticanza”.

Il volto di Gesù in quello dei profughi

La “tragica condizione di sfollato e profugo”, sperimentata “dal piccolo Gesù” insieme con i suoi genitori nella fuga in Egitto, è una piaga presente anche ai nostri giorni per milioni di persone.

Riconoscere il Signore negli sfollati

“Le persone sfollate ci offrono l’opportunità di incontro con il Signore, anche se i nostri occhi – si legge nel messaggio – fanno fatica a riconoscerlo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua”. È una sfida sottolinea Francesco, che esige risposte da dare con i verbi già indicati nel messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.  A questi il Papa, ricordando quanto insegnato da Gesù attraverso i Vangeli, aggiunge sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa – effetto.

Conoscere per comprendere

Quando si parla di migranti e di sfollati, ricorda Francesco, troppo spesso “ci si ferma ai numeri”. Non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati. Bisogna quindi conoscere per comprendere. “La conoscenza – scrive il Papa – è un passo necessario verso la comprensione dell’altro”.

Farsi prossimi per servire

Un passo necessario per servire è quello di farsi prossimi. Sembra scontato ma spesso “le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri”. Paure e pregiudizi spesso – spiega il Papa – ci impediscono di “farci prossimi” a loro e di servirli con amore. “Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi”.

Per riconciliarsi bisogna ascoltare

Nel messaggio, il Santo Padre sottolinea che “l’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare”. Nel mondo di oggi “si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare”. Durante il 2020, ricorda il Papa, “per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade”. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato”. Ascoltando, si ha l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati.

Per crescere è necessario condividere

Imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo.

Coinvolgere per promuovere

Un ulteriore, fondamentale passo da compiere lega altri due verbi: coinvolgere e promuovere. “Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza – osserva il Santo Padre – dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto”.

Collaborare per costruire

La sesta e ultima coppia di verbi indicata dal Papa è formata da due azioni decisive: collaborare e costruire. “Costruire il Regno di Dio – scrive Francesco – è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni”


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So che tutto ha un senso. Nulla succede per caso. Tutto è dono. L'umanità è meravigliosa ne sono profondamente innamorato. Ciò che mi spaventa e mi scandalizza, non è la debolezza umana, i suoi limiti o i suoi peccati, ma la disumanità. Quando l'essere umano diventa disumano non è capace di provare pietà, compassione, condivisione, solidarietà.... diventa indifferente e l'indifferenza è un mostro che annienta tutto e tutti. Sono solo un uomo preso tra gli uomini, un sacerdote. Cerco di vivere per ridare dignità e giustizia a me stesso e ai miei fratelli, non importa quale sia il colore della loro pelle, la loro fede, la loro cultura. Credo fortemente che non si dia pace senza giustizia, ma anche che non c'è verità se non nell'amore: ed è questa la mia speranza.

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