“Il Natale, scriveva Alberto Moravia, mi fa pensare a quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori dal mare con le loro reti, tutte ricoperte di conchiglie e incrostazioni marine che le rendono irriconoscibili. Per ritrovare la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale: per ritrovarne il significato autentico, bisognerebbe liberarlo da molte incrostazioni…”.

Il Natale non è solo un giorno, ma un evento che copre un ampio arco di tempo, e lo si srotola per secoli e secoli di vicende umane, perché offre una grande speranza, e questa, insieme con le utopie, è il motore della vita. È un incantesimo, un viaggio per terra e per cieli; è silenzio, ma anche moltitudine di voci; è sussurro, ma anche urlo; è memoria, è profezia, è un infinito labirinto, è un enigma come è enigmatica la storia di tanti… Il Natale diventa così più storia umana e meno dottrina celestiale.

Dietro l’icona di Erode ci sono, purtroppo, tanti con l’ossessione di presentare sempre in modo “puro e casto” il proprio operato e guai a dissentire…; ma con un vizio atavico: avere orrore delle domande e il monopolio delle risposte.

La prossimità del Natale potrebbe stimolare a condividere esperienze, dubbi, preoccupazioni e interrogativi, cercando di individuare una possibile speranza per tutti coloro che sono umiliati e costretti a rinunciare alla propria originalità ed indipendenza. Così questo diventa non solo il tempo delle celebrazioni, ma soprattutto il periodo in cui si giudicano eticamentele situazioni umane esi impara a pensare criticamente.Per gente sottomessa, che si sente impedita di parlareper timore di licenziamenti, il senso religioso viene ad assumere un alto significato politico.Qui la fede, quale orizzonte di quella mistica poderosa che dovrebbe reggere l’azione, non deve mai essere assente.

Purtroppo un episodio è rimasto inciso nel mio sguardo. Non qualcosa di intellettuale, non una verità di fede, ma uno schierarsi e un parteggiare apertamente; non una ideologia, ma una verità esistenziale: non uccidere! E c’è modo e modo di uccidere! L’ho imparato da alcuni licenziamenti; ma soprattutto quel giorno quando ho appreso dell’allontanamento, dichiarato temporaneo, dal posto di lavoro di quel papà di tre figli (purtroppo, per lo stesso “peccato”, in tutte le gerarchie, a pagare è sempre l’inferiore). Ma alla temporaneità di quel licenziamento non ci ho mai creduto: i messaggi intimidatori e il prosieguo mi hanno dato ragione. Occorre stare attaccati a quella “verità”: ripeterla come eco di un fiume che scende tumultuoso lungo un percorso accidentato, sperandoche le cicatrici arrecate restino, e siano memoria e monito. Ma il “politicamente corretto” è un micidiale boomerang: regala smalto alla grigia immagine di quei “tromboni” che hanno il pallino del riversare sulle spalle altrui le proprie pecche.

Occorre una spiritualità vissuta come un cammino che, con compassione, ci porta a scoprire “tra le fasce” le sofferenze, le paure, le insicurezze e le speranze dell’altro… Senza questa rivoluzione mistica non ci potrà mai essere alcun incontro tra noi.

Ma ascolta: a Natale, fai come Dio, diventa uomo!… Almeno per contraddire il proverbio: “Amaro come la vita, dolce come la morte”. La capacità di ascolto non è così semplice, perché implica lo sforzo di capire l’altra persona: è una forma di ascesi intellettuale. Devo essere preparato ad accettare di avere torto. Se non accetto questo presupposto, potrò al limite tollerare il mio interlocutore. Entrare in dialogo rende vulnerabili.

A Natale “la Parola si è fatta carne”, ma spesso sembra che rimanga semplice parola senza riuscire a penetrare nella carne, soprattutto nella carne e nel grido dei poveri, degli esclusi e degli oppressi dal faraone di turno. Sono loro gli interlocutori e il luogo della manifestazione di Dio; a loro va restituita la Parola.

Purtroppo non saremo mai come i poveri, né parteciperemo in misura sufficiente alla loro passione. Al massimo, sostiene Leonardo Boff, possiamo essere loro alleati, impegnati più per la loro causa che con la loro vita crocifissa. Dobbiamo ancora crescere molto, prima di arrivare alla loro statura e meritare la loro comunione.

La speranza non è nel futuro, fa parte dell’invisibile. La speranza è scoprire che Dio, come nel Natale, sta nelle relazioni umane (con i pastori e i magi); ma soprattutto sta in un’amicizia libera, non in una conventicola di consenzienti; la speranza sta nella riscoperta della bellezza. Ma si è talmente indaffarati a correre, che nemmeno ci rendiamo conto che c’è.

Auguri di un Santo Natale colmo di pace e di tenerezza.


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Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.