Vedi Napoli e poi muori. Ma no, campi ‘na bellezza
Ogni tanto noi si va a Napoli. Così. È cominciata per caso, è divenuto gioco e ci è piaciuto così tanto da essere un impegno preciso. Puoi tranquillamente bidonare altro ma a tirarti indietro a Napoli si fa peccato.
La ragione? Non c’è e se c’è è nascosta. A scimmiottare Ozpetek è Napoli velata.
La città vicina da raggiungere anche in giornata offre un ventaglio di opportunità appunto da città. Noi cominciamo col caffè che è buono assai e già il cielo si apre. A Napoli non piove mai e se proprio quattro gocce scendono dal cielo senti le note di Pino Daniele. Il Vesuvio sentinella pare un avamposto che fin tanto che fa il bravo sembra bravo e a non fumare si fa bene, tutti vulcani inclusi.
Poi la gente. Il calore umano ti prende allo stomaco, l’accento lagnoso e dolce entra nelle viscere da farti sorridere e ringraziare. Grazie po cielo e po mare, grazie per gli amici e la famiglia. Grazie che sto a Napoli.
Poi l’arte. Chiese e musei, sacro e profano, colore folcloristico anche nel dolore e nella fede. San Gennaro amatissimo che è nu wagnriddche chiamano familiarmente Gennarì. San Giuseppe Moscati che sereno fa il medico da santo. Il Cristo Velato che non è una statua ma un defunto vero e tu zitto e fermo a rendergli omaggio. Capodimonte che sovrasta. Le vie lunghe come autostrade che appunto spaccano la città e in fondo una chiesa.
I quartieri sono microcosmi e basta girare un secondo dai lustrini di via Toledo e via Chiaia e sei nei quartieri spagnoli. Cambia la flora e la fauna come pure la nazionalità. Un passo in là e il mercato di Pignasecca sembra Medio Oriente o un modernissimo street food. Il Maschio è la virilità di un maniero. Il San Carlo un teatro tra gli spettacoli di strada. L’amante è o malamend. Scendi giù nei sotterranei antichi e trovi la metrò più bella d’Europa.
A questo punto vien fame e come rinunciare a pizze storiche di locali storici o piatti della cucina povera in posti dove oltre ai tavoli di marmo hanno mantenuto il buon uso di accogliere i commensali anche sistemandoli agli stessi tavoli. Signo’ vulite?E noi vulimmpure o babà e a sfogliatella e a riccia. E un’altra tazzurella e cafèmagari sospeso, che non è perché non si paga, ma perché porta buono. Perché rimaniamo cattolici e nella superstizione non ci crediamo, ma e se fosse vero? Abundandis abundandum, alla Totò.
E così ti perdi nella musica dei balconi coi panni appesi, un Pulcinella disastrato, una tammurriata nera, un sorriso triste di Troisi, mille corni rossi appesi, il bue e l’asinello con gli occhi di vetro che volevo per la natività a casa perché me piace ò presepe.
Volete uno sconto? Disse la commessa di Marinella mentre mostrava le cravatte dei politici “al limite te posso fà una coccola”.
A chi non piacciono le coccole. La luna rossa è sorta anche stasera e noi domani si ricomincia sempre da tre.
Così vedi Napoli e poi muori. Ma no, campi ‘na bellezza.
Lo sanno tutti, campioni compresi. Napul’è pure Diego Armando Maradona e questi giorni il grande cuore partenopeo pulsa di più. Niente spiegazioni, ad amare si riesce solo amando.