
«Abbiamo bisogno di coscienze inquiete nel Paese, di cittadini che dicano basta»
(Don Luigi Ciotti)
Mi innervosisco, mi innervosisco terribilmente ogni volta che mi trovo davanti a scritti di qualcuno che intende comunicare qualcosa di altamente vero e non si occupa di essere onesto.
Mi innervosisco da lettrice offesa nell’intelligenza e, peggio, mi innervosisco al posto di tutti quei lettori che possono non accorgersi di nulla, come spesso certamente succede anche a me, poiché non possiamo aver letto tutto di tutti.
È per questo che chi scrive ha il sacrosanto dovere dell’onestà a ogni costo. Chi scrive non dovrebbe mai approfittarsi del fatto che la platea può non riconoscere un doppione: non funziona così. Non si usano gli altri, peggio senza nemmeno lo sforzo di riformularli, nel caso.
Intanto non credo proprio basti inserire fra virgolette un concetto, senza mai nominare colui che per primo lo ha espresso; in secondo luogo ci vuole poco ad annusare che forse, anche ciò che fra virgolette non compare, potrebbe essere farina di un altro sacco. Basta un minimo di spirito critico, di curiosità e poi… poi c’è Google.
Io, che notoriamente sono una rompi scatole, come me chiunque al mondo, non devo andare a scomodare interi scaffali di carte per sperare di recuperare un qualche testo sul quale, magari, credo di aver già letto qualcosa che mi sembra spudoratamente scopiazzato. Vattelapesca! È proprio una fatica che oggi non è prevista: mi basta fare un copia e incolla nel banner del motore di ricerca, senza nemmeno dover avere chissà quali software anti plagio, e se quel concetto lo ha già espresso qualcuno letteralmente, Google me lo trova. Santo cielo, è un attimo andare a trovare il vero essere umano meritevole di qualcosa, per quel certo pensiero, se è stato lui ad averlo scritto o detto per primo.
Dunque è solo successo che un autore che pubblicizza i suoi lavori rivolgendosi, giustamente, ai suoi lettori, pubblica spesso pensieri che io leggo anche molto volentieri. Oggi il pensiero era particolarmente accattivante, ce le aveva anche delle virgolette, ma insieme ad una disquisizione che poi finiva anche su altri illustri della scrittura, non si soffermava mai sull’uomo del nostro tempo dal quale le parole erano state prese e usate come non fossero sue.
E a me questo non piace!
Allora lo riporto a tutti il pensiero originale ed in versione integrale, rigorosamente virgolettata:
“Vi auguro di essere eretici.
Eresia viene dal greco e vuol dire scelta.
Eretico è la persona che sceglie e,
in questo senso è colui che più della verità ama la ricerca della verità.
E allora io ve lo auguro di cuore
questo coraggio dell’eresia.
Vi auguro l’eresia dei fatti
prima che delle parole,
l’eresia della coerenza, del coraggio,
della gratuità, della responsabilità
e dell’impegno.
Oggi è eretico
chi mette la propria libertà
al servizio degli altri.
Chi impegna la propria libertà
per chi ancora libero non è.
Eretico è chi non si accontenta
dei saperi di seconda mano,
chi studia, chi approfondisce,
chi si mette in gioco in quello che fa.
Eretico è chi si ribella
al sonno delle coscienze,
chi non si rassegna alle ingiustizie.
Chi non pensa che la povertà sia una fatalità.
Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza.
Eretico è chi ha il coraggio
di avere più coraggio.”
Eccoci: l’autore del pensiero è don Luigi Ciotti. Chi mi conosce sa che non sono certamente mossa in difesa del “ruolo di don”. Ciò che mi ha smossa, piuttosto, è l’eresia. Sul vocabolario è eretico proprio tutto ciò che va contro un credo religioso, sono andata a leggermele praticamente tutte le definizioni di più grossi dizionari in commercio. E allora trovo anche più forte il fatto che ad esprimersi così sia stato un sacerdote.
Non mi interessa dirvi se sono o meno d’accordo con il suo pensiero, non mi importa fare pubblicità o meno a qualcuno: mi interessa dire che è disonesto usare i pensieri di altre persone per farsi grandi, nascondendo i loro nomi. Poi poteva chiamarsi avv. Sole Giallo, ing. Luna Rossa, prof. Fiume Azzurro. Non avrebbe fatto nessuna differenza per me.
Guarda caso, però, si chiama don Luigi Ciotti. Chiedo a voi lo sforzo, se siete curiosi, di cercare chi è e di cosa si occupa. A me basta dire che quel pensiero è suo, che lo riteniate o meno bello, corretto, piacevole, ammaliante. Non è questo il punto: è sua l’origine ed è giusto scriverlo, caro autore di altri testi che ti pubblicizzi per mezzo di parole.
Mi innervosisco, mi innervosisco moltissimo!
Ancora di più in casi del genere: un prete che parla così di eresia è qualcuno che, in forza della sua scelta di vita, dona ancora maggiore forza ad un concetto.
Bisogna esigere a tutti i costi il rispetto, allora, anche perché un’idea del genere rischia addirittura di far bene alla comunità.
E dunque, mi domando, quale altra speranza può avere un uomo che scrive, se non quella di essere un minimo di esempio?
Beh, allora dovremmo darlo questo esempio ancor più quando ammiriamo un pensiero: lasciamo che giri, rendiamolo nostro, diffondiamo Verbo e verbo, ma restiamo onesti, di più quando sappiamo che potremmo approfittare della distrazione altrui, per farci grandi.
Poi mi si chiede perché non amo i riflettori: è che sono diversa. Non sono migliore, non sono peggiore: sono diversa. Totalmente. Vorrete perdonarmi per questo.