Di Gudrún Eva Mínervudóttir

Invitata al Festival “I Boreali”, al teatro Franco Parenti di Milano, per presentare il suo romanzo “Metodi per sopravvivere”, la poetessa islandese Gudrún Eva Mínervudóttir, nota e apprezzata in patria, ci descrive la vicenda di quattro persone di un villaggio alla periferia di Reykjavík: Hanna, sedicenne problematica, Arni, un informatico cinquantenne malato terminale, Borghildur, vedova inconsolabile e infine Aron, un ragazzino abbandonato a se stesso e accudito dagli altri tre, che trovano nella solidarietà un nuovo motivo per andare avanti.

Il romanzo si presenta buonista e genuino al tempo stesso, con velata speranza nel genere umano, in una comunità intesa come mutuo soccorso, una sorta di “I care” di Don Milani, la sensazione di benessere che offre la disinteressata solidarietà. Le voci narranti sono, appunto, quattro, ognuna con la sua storia dolorosa da raccontare, ognuna con un vissuto complesso, un’esistenza marchiata dalla solitudine, superata, però, da un sempre differente metodo di sopravvivenza.

Si tratta della negazione dell’egoismo, del più recondito ed applicato atto d’Amore, la contraddizione di esseri umani angelici e bestiali, è un non luogo che si incarna nella fisicità dell’essere qui e ora, varcando confini che, dal Grande Nord, arriva a noi con rinnovato anelito di accettazione e serenità.